
Il viaggio diventa haute couture con Thom Browne Per il suo debutto a Parigi, Browne trasforma in teatro surreale il vibe della Gran Central Station
Grand Central Station è uno dei luoghi più iconici di New York, la patria di Thom Browne. Un luogo visitato da innumerevoli libri e film, dove le storie dei singoli si snodano in uno scenario che evoca un passato di favola, una mitologia che trasforma il luogo stesso in un proscenio. È per questo che il primo show di Haute Couture di Thom Browne, tenutosi al Palais Garnier di Parigi, ha fatto della sfilata una performance, del palco una passerella e degli ospiti altrettanti comparse e attori mentre una finta audience di sagome di cartone, tutte in giacca e cravatta grigie, osservavano dagli spalti. I singoli elementi tipici di una stazione, come i piccioni che vi si introducono, i gargoyle che decorano i suoi tetti, i passeggeri stessi, il controllore in divisa e anche il treno, diventano tutti elementi da sublimare in abiti sartoriali che espandono e innalzano ulteriormente il linguaggio iper-definito, fatto di grigi e di divise preppy, con cui Browne racconta i nostri tempi.
Il sogno finisce quando parte il treno – uscendo dalla metaforica metropoli che per Browne è lo specchio convesso dentro cui si riflette, deformata, la realtà. Il surrealismo del designer, evocato attraverso l’inversione di prospettiva tra palco e spalti, attraverso le silhouette deformate visivamente e concettualmente proprio come attraverso una lente convessa, è un semplice registro narrativo per dare coesione artistica a una particolare maniera di raccontare la realtà. In quel grigiore su cui il designer insiste, in quel fade to gray che altro non è che la sparizione in un’uniforme infinitamente variata ma anche infinitamente uguale, sta la vera natura del sogno e della fantasia: il quotidiano, e non l’eccezionale, dà la misura del sogno che viviamo. Gli spettatori della sfilata fanno parte di quella fantasia sul palcoscenico mentre, a guardare dai veri spalti, ci sono solo comparse grigie – quasi come se gli attori della fantasia che è la Couture stiano recitando per se stessi, di fronte a un pubblico del tutto inventato.