
L’innovazione radicale di Marithè + François Girbaud Il brand che inventò i baggy jeans e che è stato riscoperto dall'archive fashion
Oggi i jeans sono indumenti così comuni che qualunque brand, dal più esclusivo al più cheap, produce la propria versione. E se in risposta a questa tendenza iniziano a nascere gli esperti e connoisseurs di selvedge denim, dei cercatori di jeans Made in Japan, degli esperti di washing e invecchiamenti, un marchio che sembra essere sistematicamente dimenticato dal pubblico generale è Marithè + François Girbaud – brand francese abbastanza noto nei giri dell’archive fashion ma oggi largamente dimenticato dalle nuove generazioni. Il che è strano: fu proprio Girbaud a inventare la tecnica industriale dello stonewashing dei jeans, sempre Girbaud inventò i jeans stretch mescolando fibre elastiche al cotone e i baggy jeans nel 1977 con il nome di Cargo Baggy che divennero celebri negli Stati Uniti e finirono anche nel guardaroba di Michael Jordan; furono anche i primi a sperimentare tagli al laser, saldature a ultrasuoni e una tecnica definita “techno-fusion” per assemblare i propri pezzi senza cuciture. Oggi l'influenza del duo creativo si fa ancora sentire nella moda - e non soltanto a causa del ritorno dell'estetica Y2K o del peso culturale che ancora lo streetwear detiene, ma per la capacità dei Girbaud di mescolare innovazione estetica e tecnica in una maniera che la moda, prima di loro, non avrebbe mai potuto concepire.
Questi successi però erano l’inizio della fine: se intorno al 2005 il giro di affari con il loro partner italiano Stefanel toccava gli 83 milioni di dollari nel 2007, come riporta Quartz, le vendite erano scese a 37 milioni e, dopo essere entrati in società con Alberta e Massimo Ferretti lo stesso anno alla scadenza dell’accordo con Stefanel, i due designer speravano di risollevare il giro d’affari a 100 milioni nel giro di tre anni, trasferendosi in Italia, a San Giovanni in Marignano per la precisione, con una nuova fabbrica e una nuova strategia di espansione in Asia. Nessuno però aveva tenuto in conto l’onda lunga della crisi economica post-2008: se nel 2011 Le Figaro parlava di un giro d’affari al dettaglio di 200 milioni di euro per la società madre, infatti, qualcosa non funzionò e un giornale locale italiano parla di un «crollo del bilancio nel 2011, fino ad arrivare ad un passivo di circa 21 milioni, insoluto che la società potrebbe sanare solo per una minima parte» per l’azienda produttrice italiana che venne messa in liquidazione dagli stessi soci nel marzo 2012 mentre la società madre francese venne messa in amministrazione controllata. In un comunicato del 23 aprile di quell’anno, Filctem-Cgil scrive che «l’impresa era in difficoltà da più di un anno non per causa della crisi ma per via di una gestione sconsiderata», trovandosi tra l’altro in un mercato dominato sempre di più da brand come Diesel o Guru e non adottando con il giusto tempismo la svolta dell’e-commerce.
Nel gennaio 2013 l’azienda produttrice italiana fallisce mentre l’imprenditore indiano Anupam Kothari a capo del gruppo FFI (Fibre & Fabrics International) rileva parte della società madre francese, salvandola, ma ne trasferisce la produzione in Bangalore. Tra crisi e concorrenza, il brand si ritrovò a dover chiudere vari negozi in Europa e tagliare il personale, una spirale che si concluse nel 2014 con la rescissione del contratto con FFI e la cancellazione dello show SS15 alla Paris Fashion Week. Dopo questo naufragio, il duo creativo si reinventò l’anno successivo con Mad Lane che il sito del brand descrive così: «Il concept senza negozio evita la formula del punto vendita permanente, preferendo andare in tournée in Francia, Belgio e Italia per incontrare i fan. Vendita su appuntamento in pop-up shop temporanei grazie a un esclusivo sistema di biglietteria, per offrire un'esperienza e un servizio unici. Nel Mad Lane Tour sono state registrate più di 60 tappe».
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Al momento, comunque, i social del brand sono inattivi dal giugno del 2021 (a questa data risale l’ultimo post Facebook del brand) mentre sul sito ufficiale non ci sono date del Mad Lane Tour. Ma se nella sua veste ufficiale il brand risulta quasi abbandonato, il mondo della moda d’archivio ha riscoperto il Marithé + François Girbaud degli anni d’oro, alimentandone nuovamente la fama. Oggi il nome di Marithé + François Girbaud è sinonimo di moda d’archivio, quasi nessun brand del passato con una storia tanto lunga è forse invecchiato meglio con le sue costruzioni avant-garde, le sue texture composite, le sue asimmetrie e il suo totale sperimentalismo. Ma l'heritage del brand non è andato perduto: basta guardare alcune delle vecchie sfilate per notare, in quel denim architettonico e complessamente stratificato, delle somiglianze con il lavoro di Glenn Martens o, nei suoi enormi jeans tappezzati di tasche, un precursore dei monumentali jeans di Balenciaga.