
Ve lo ricordate Alviero Martini? Radiografia di un fenomeno Made In Italy degli anni 2000
Tutti avete visto quelle borse. Volendo seguire il cliché più trito e ritrito, erano appese al braccio di qualche professoressa del liceo, magari abbinate a un paio di Hogan e una camicia di Desigual. Sono beige, ricoperte da un motivo che ricorda una mappa geografica ma, soprattutto, sono uno degli artefatti culturali più “italiani “ di sempre – le borse di Alviero Martini. Insieme a Roccobarocco, Piero Guidi, Guess e O Bag, Alviero Martini fa parte di una moda del “paese reale” di cui forse i cultisti di Prada e di Bottega Veneta ignorano l’esistenza, ma che al di fuori delle roccaforti del fashion luxury possiede radici solide e profondissime. Non è un caso se virtualmente ogni italiano abbastanza grande di ricordarsi i primi anni 2000 riconosca al volo le “borse del mappamondo” alla stessa maniera in cui ricorda le Veline di Striscia La Notizia, la pubblicità di Saratoga e le canzoni di Tiziano Ferro. La brand recognition di Alviero Martini in Italia è totale, tanto che nella classifica di Stileo sui Top Brand del 2020 il marchio supera anche Versace, Dolce & Gabbana e Gucci – forse uno dei motivi per cui il suo business è sceso solo del 15% durante il lockdown, mentre il suo e-commerce è cresciuto del 50% mantenendo un EBITDA positivo. Irene Ferrario, la responsabile marketing del brand ha detto di recente a Pambianco che il brand stima «di chiudere il 2021 con numeri che supereranno persino i livelli pre-Covid di due anni fa».
Tutte apparizioni che sono molto under the radar rispetto al mondo della moda tradizionale, ma il cui appeal popolare è grandissimo. Tanto che, oggi, i marsupi e borselli Geo sono tornati ad apparire indosso ai più giovani, complice la nostalgia per l’estetica dei primi 2000, il loro arrivo nei mercati del vintage e il loro status iconico. A Milano se ne vedono spesso, in Darsena, nelle piazzette fuori dal centro e nei bus che costeggiano la periferia. Scorrendo Twitter gli utenti che ne commentano le apparizioni non mancano. Un milanese scriveva lo scorso gennaio: «Mi spiegate questo sdoganamento del borsello da parcheggiatore tra gli adolescenti? Quasi tutti di Alviero Martini». Una ragazza di Roma, in uno scambio di tweet sui giovani della sua città ne descrive la divisa: «Tuta rossa orribile, borsello Alviero Martini, Air Max». Un’altra ancora, in una location imprecisata, scrive: «Sono sul treno e avevo adocchiato un ragazzo carino finché non scorgo la cintura: Alviero Martini».
nessuno
— fra + louis (@louisvsun) December 11, 2020
le prof all'elementari pic.twitter.com/RDrq3f3Xjc
Si percepisce in questi ultimi tweet un divide generazionale: a reagire al ritorno di Alviero Martini nel guardaroba della Gen Z sono tendenzialmente i Millennial, che ancora associano le borse del brand alle proprie maestre di scuola, alle mamme, alle zie. Questo perché il successo che definì il brand negli anni ’90, dovuto alla riconoscibilità e la relativa discrezione della stampa, insieme al suo price range accessibile, che ne fecero per un lungo periodo un simbolo aspirazionale per la middle class di tutta Italia, non passò alle generazioni successive – per cui la vera novità fu prima il fast fashion con i suoi mille stili di borse a buon prezzo, e poi il secondhand la cui nascita diede a nuovi segmenti di pubblico un accesso al lusso che fino ad allora non aveva precedenti. Negli anni ’90, infatti, al di fuori delle grandi metropoli, le “borse del mappamondo” rappresentarono un esempio di moda inclusiva e democratica ma soprattutto accessibile. Le borse di Martini erano capaci di portare l’aspirazione di un “di più” a enormi segmenti di pubblico che fino a poco prima avevano dovuto fare shopping nelle stesse due-tre boutique che si trovavano nella loro provincia, dovendo scegliere fra opzioni decisamente limitate. Un intero contesto che l’arrivo del fast fashion e della sua distribuzione capillare spazzò via.
Se il successo di Alviero Martini a cavallo tra la fine dei ‘90 e i primi 2000 era legato all’esigenza di consumatori ignorati dalla moda mainstream, l'idea di un suo ritorno in sordina oggi, nel 2021, rappresenta una nuova istantanea della prossima generazione di consumatori: il lento ritorno di Alviero Martini è anche il ritorno del vintage, del secondhand e dell’archivio, l’apparizione di una nuova moda aspirazionale alternativa alle proposte più immediatamente ovvie offerte dal mercato del lusso e soprattutto un set di riferimenti culturali radicalmente diverso da quello della generazione che li ha preceduti.