Il "museo vivo" di Nanda Vigo per Remo Brindisi Una sintesi del '900 italiano

«Troppo architetto per la critica artistica e troppo artista per la critica architettonica, Nanda Vigo, che ha tentato di realizzare un’opera onnicomprensiva, è stata dimezzata».

Abitare, 2006. 

La casa-museo che Nanda Vigo aveva disegnato per il pittore Remo Brindisi al Lido di Spina coniuga un’intesa intellettuale tra due visioni all’apparenza inconciliabili: lei per vocazione all’avanguardia, una delle prime Art Designer del secondo Novecento italiano, lui un affermato esponente del Realismo. Brindisi incaricò Vigo di pensare uno spazio per ospitare una collezione, ricevere amici, lavorare. Un manifesto dell'integrazione delle arti – architettura, scultura, pittura, design - e allo stesso tempo l'unione programmatica tra arte e vita, dato che Brindisi voleva abitare quello che amava chiamare un “museo vivo”: una casa vacanza familiare, aperta affinché ospiti e amici potessero godere della collezione d’arte contemporanea, circa duemila esemplari scelti insieme alla Vigo che documentano le principali correnti artistiche del Novecento a livello internazionale, con un particolare accento sulla Milano degli anni '50-'70. Opere monumentali integrate all'architettura, tra cui innanzitutto il graffito di Lucio Fontana, della misura di sei metri per quattro, poi le sculture di Arturo Martini, di Gino Marotta, di Giò Pomodoro, la parete dalle parole cancellate di Emilio Isgrò, le sculture cinetiche.

Dall’esterno si scorge il lato domestico della casa, mentre dinamici e aggregati sono gli spazi pubblici e la terrazza vista mare. Il grande taglio vicino all’ingresso è causato dalla breccia che s’inventò Nanda Vigo, a edificio concluso, per far entrare lo “sgraffito” di Lucio Fontana che Brindisi salvò dalla distruzione di una tipografia milanese. In un angolo del salotto, tra i quadri, una piccola veduta veneziana di Remo Brindisi. Dopo la scomparsa dell'artista, il museo e l'intero patrimonio in esso conservato sono stati acquisiti dal Comune di Comacchio, per volontà testamentaria dello stesso Brindisi, ora aperti al pubblico per mostrare ai visitatori un luogo che sintetizza in sé tutte le influenze contraddittorie del ‘900 all’insegna dell’arte e della bellezza.