Ghali, il rosa e il problema dei fan del rap Il mondo hip-hop va avanti, il pubblico italiano sembra restare indietro

In un’intervista rilasciata per il numero di novembre di GQ, “The New Masculinity Issue”, Pharrell Williams risponde a una domanda sulla maggiore semplicità con la quale, seguendo la linea segnata da lui stesso negli anni precedenti, artisti come Lil Uzi o Young Thug (o gli stessi A$AP Rocky e Tyler the Creator) siano riusciti a portare avanti una linea estetica più androgina e indossare abbigliamento femminile: 

«Il mio punto è, perché no? Quale regola lo impedirebbe? Quando le persone iniziano a usare la religione come motivo per cui qualcuno non dovrebbe indossare qualcosa, mi chiedo, di cosa stiamo parlando? Non c'erano le parole reggiseno o camicia in nessuno dei vecchi testi sacri. Sono nato anche in un'epoca diversa, in cui le regole della matrice in quel momento permettevano molte cose di quelle che permette oggi, in cui si avevano meno libertà».

Nel corso della stessa intervista Pharrell Williams arriva a ripudiare alcuni dei suoi vecchi testi, per il modo in cui oggettificava  donne e sessualità. 

L’importanza di questo processo di crescente libertà di espressione della propria estetica - che non necessariamente è legata all’espressione della propria sessualità - sta nel garantire a una parte di pubblico che storicamente non aveva mai trovato rappresentazione la possibilità di esprimersi, e di farlo identificandosi con artisti che possono contemporaneamente esibirsi come headliner al Coachella, organizzare party queer a New York ed essere protagonisti della nuova campagna menswear di Prada. Ed è fondamentale che in Italia - dove per l’appunto tanti dei protagonisti di questo processo risiedono - sia parte attiva di questo trend: in un periodo dove la società civile stenta a ergersi come modello di riferimento, la moda, l’arte e la musica possono giocare un ruolo importante nell’educazione del pubblico.