MILANO SOSPESA - nss magazine Digital Cover N.04 Dopo aver indagato il futuro della moda nell’ultima digital cover, nss magazine esplora il futuro di Milano

Milano sta vivendo un momento particolare, sospeso tra un passato recente di sviluppo urbanistico e sociale che sembrava destinato a continuare che oggi improvvisamente si è scontrato con l’incertezza della pandemia. Il ritmo con cui è cresciuta la città ha sfiorato il limite del burn out - non c’era una week libera da eventi - doppiando anche i meccanismi dell’industria della moda ancora costretti da cicli non adatti ad un contesto bulimico di trend.
Il modello che ha guidato la crescita di Milano si basa sulla connessione fisica tra persone e spazi, tra istituzioni pubbliche e brand. Dagli aperitivi fino ai club, passando per eventi, brunch e chiacchierate, Milano ha basato la sua crescita sull’intersezione di idee, progetti e visioni. Allo stesso tempo, la pandemia e il lockdown hanno evidenziato i limiti del modello urbanistico metropolitano, invitando architetti e imprenditori a reimmaginare l’equilibrio tra spazi pubblici e privati e di conseguenza il ritmo della vita in città.

Le variabili principali del modello sono le più elementari: lo spazio e il tempo.
Per questo motivo è Michele Foti a scattare la sospensione di Milano catturando l’essenza del momento attraverso un delicato gioco di luci, spazi e personalità. Nonostante i danni economici, molte industrie - con in testa la moda - stanno approfittando della pandemia per correggere i propri errori e storture che i ritmi serrati pre-pandemia avevano cristallizzato. Milano può cogliere questo momento di sospensione per capire da dove può ripartire la città, seguendo lo stesso modello virtuoso di intrecci di idee, industrie e persone che l’ha resa la città che è oggi. 

nss magazine ha chiesto ad una serie di professionisti dell’industria creativa da dove può ripartire Milano, le loro opinioni sono all’interno della mappa qui sotto, ubicate secondo i luoghi da cui può ripartire la città.

 

Credits
Art Direction @Vincenzo Schioppa
Photography @inneromodo
Photography Assistant @Alessandro Biasotto
Visual Direction @Layuhl Jang
Styling @ElisaVoto
Styling Assistant @Fabio Princigallo
Casting @streetpeoplecasting 
Grooming @Simona Parrella 
Thanks to: @Skyline_Milan and @residenzalocation
Creative Direction and Production @nssfactory 

Da dove può ripartire Milano?

 
 
 

Era l’estate del 2015, i treni della metro rossa costantemente pieni di persone in direzione Rho Fiera ed Expo, e nello skyline di Milano iniziava a crescere di giorno in giorno quello che sarebbe diventato il  primo grattacielo delle Tre Torri di City Life. Oggi, dopo cinque anni di ruggente crescita della città, quei grattacieli figli della Nuova Milano sono finalmente pronti eppure i suoi uffici rimangono per la maggior parte deserti al loro interno. Così come anche i ristoranti e i negozi nascosti nel mall ai piedi delle opere di Arata Isozaki, Daniel Libeskind e Zaha Hadid. Lo scenario diventa vagamente distopico, come quando un architetto completa un rendering di uno spazio senza proiettare figure umane al suo interno.

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Dress: MIU MIU, boots: MARCO RAMBALDI

Quello di City Life è solo una delle tante fotografie che offre la Milano della pandemia, una città reinventata negli ultimi vent’anni su un modello innovativo la cui principale caratteristica è stata la connessione fisica tra persone e quella tra istituzioni pubbliche e brand. 

Da New York fino a Londra, la pandemia ha inceppato questo meccanismo in tutte le metropoli del mondo, ma a Milano - essendo la più giovane e la più piccola tra le “città mondiali” - la sensazione è quella di una città sospesa tra un passato recente ancora in fase di svolgimento e un futuro all’improvviso così incerto.

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Jacket, shirt and trousers: MARCO DE VINCENZO, shoes: PRADA,
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Blazer, skirt and belt: PRADA, shirt: VERSACE

La crescita della Milano contemporanea è iniziata cronologicamente più o meno quindici anni fa, anche se a pensarci oggi sembra trattarsi di una lasso di tempo molto più lungo. All’inizio del millennio la Roma del cinema e dell'arte occupava le prime pagine dei giornali con l'inaugurazione dell'Auditorium, mentre la Milano di Craxi e del primo berlusconismo era ridotta a provincia il cui grigiore si rifletteva in opere pubbliche sempre più goffe come la Bovisa dove un architetto come Gregotti recuperava aree industriali della Pirelli con risultati da Berlino Est o nei quasi vent’anni che ci sono voluti per costruire il Teatro Strehler a Lanza, opera di Marco Zanuso. 

La svolta iniziò intorno al 2004, con il secondo mandato del sindaco Albertini. Da un lato rilanciò il ruolo di Milano come una delle capitali mondiali della moda e del design - con il rilancio della fashion week e della design week come sono conosciute oggi - lavorando insieme ad istituzioni private e pubbliche come la Camera della Moda, la Triennale e il Salone Internazionale del Mobile. Il successo e la riqualificazione di eventi pubblici ha trainato dietro di sé tutto un micro universo di giovani realtà creative indipendenti che sfruttarono il traino delle grandi istituzioni per fare di Milano la propria base, in un circolo virtuoso tra mainstream e underground. Contemporaneamente tra Albertini e il successore Letizia Moratti furono approvati i progetti della Fiera e di Porta Nuova che insieme alla vittoria di Expo nel 2008 sono stati i progetti volano che hanno cambiato lo skyline e il futuro della città. La sinergia virtuosa tra pubblico, privati e città ha dato il via a progetti come la nuova sede di Fondazione Prada con il progetto di OMA, guidato da Rem Koolhaas, l’Hangar Pirelli a Bicocca, il MUDEC inaugurato nel 2015 e firmato da David Chipperfield.

Il cambiamento del profilo architettonico della città partiva dallo skyline ma si rifletteva anche nelle strade. I grandi progetti sono serviti da volano per riqualificare - o gentrificare, a seconda della prospettiva - interi quartieri: Isola, i Navigli - grazie alla Darsena, un'opera relativamente economica per l’impatto urbanistico che ha avuto sull’area -, Lambrate, Porta Venezia, Chinatown - grazie alla pedonalizzazione di Paolo Sarpi - e più recentemente i quartieri di NoLo e SouPra (South of Prada, per usare il gergo del marketing immobiliare).
Contemporaneamente erano i gli stessi quartieri che si popolavano di quella “classe creativa” difficile da definire, ma motore di trend a livello mainstream e underground. Milano è diventato il posto dove osservare i cambiamenti “dal basso” della cultura: dall’hype fino allo street food, passando per tematiche come l’inclusività di genere e la libertà sessuale, la città è diventata l’avanguardia culturale italiana. Anche luoghi come Macao, che fanno della filosofia anti-sistema il loro mantra sono diventati centri culturali accettati e rispettati anche dalle istituzioni, creando un humus sociale che ha attirato contemporaneamente Big Tech come Google e Facebook, case di moda, grandi corporation finanziarie, agenzie creative e università di eccellenza. 

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Sottolinea Chiara Nonino, photo-editor di Vogue Italia, che ha visto e contribuito al cambiamento della città che oggi fa i conti con i problemi che la pandemia ha messo davanti al modello metropolitano. L’assenza di eventi e occasioni sociali sembra aver spogliato Milano della patina glamour che ha sostenuto la crescita cittadina, riportando d’attualità temi mai risolti come il caro-affitti e le periferie. Anche quel senso di coolness che ammantava il sindaco Sala è crollato dietro errori decisionali e comunicativi in tempo di pandemia che hanno risvegliato immaginari campanilismi da pandemia tra “mito di Milano” e il “south working”. Secondo il CEO di The Attico, Stefano Marcovaldi, Milano ha “bisogno di essere coraggiosa e giusta nell’affrontare le sfide dei prossimi 20 anni, rese ancora più aspre e immediate da quanto successo in questi ultimi mesi. Dall’urbanistica degli spazi comuni alla mobilità urbana, dall’innovazione tecnologica alla dignità economica e dei diritti civili.”.
Molti architetti - tra cui Sir Norman Foster - sono infatti convinti la pandemia non rivoluzionerà il modo di progettare una città, ma piuttosto sarà l'acceleratore di alcuni dei processi già in corso da anni. Per questo Milano, nonostante segua il modello di sviluppo delle megalopoli globali, “ha il vantaggio competitivo di essere più snella e local rispetto alle altre città europee, questo deve portare ad un cambio di marcia più veloce rispetto alle altre” secondo Alessandro Poggi, direttore Marketing di Uniqlo in Italia. 

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Suit: MAGLIANO, shoes: PRADA
Coat and sweater: MSGM, shirt: VERSACE, shoes: PRADA
Blazer, trousers and shoes: FENDI

La ripartenza di Milano può passare attraverso varie industrie - dalla moda al design - passando per la gastronomia, che come sottolinea Alexander Werz - CEO di Karla Otto International - “è la migliore rappresentante di Milano, anche in tempi difficili come questi”, ma non potrà prescindere dalla consapevolezza che la città di oggi e del futuro sarà sempre più una rete interconnessa, simile a quelle neurali che rappresentano la base delle nuove tecnologie. Secondo 2050+, che dedica la sua ricerca all'intersezione tra tecnologia, ambiente e politica “la maggior parte degli investimenti pubblici segue ancora la logica obsoleta della “centric city”, che presuppone una relazione gerarchica netta tra centro e periferie. Ma la nostra condizione punta verso il concetto di “città–archipelago”: una rete complessa in cui diverse visioni della società, dell’ecologia, e del significato di cittadinanza si incontrano (e, talvolta, si scontrano). Milano è il risultato – instabile, e in perenne cambiamento – di questa continua mediazione e negoziazione tra interessi contrastanti”.

Milano è di chi la vive, cerchiamo di farla ripartire immaginando una città contemporanea a questa nuova realtà.

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