
L’estetica di Pedro Almodóvar in quattro film Da Pepi, Luci, Bom a The Room Next Door, in anteprima al Festival di Venezia
«Il rosso è una scelta istintiva per me. Naturalmente amo molto il colore rosso. Ma credo di usarlo perché dà intensità al luogo in cui lo si usa. È un colore molto espressivo e in Spagna il rosso rappresenta anche la vita, il fuoco, la morte, il sangue, la passione e i garofani, che sono il fiore nazionale. Da un punto di vista tecnico, se si gira una scena notturna, il rosso conferisce una certa luminosità. Inoltre, questo è il motivo per cui tutte le auto sono rosse nei miei film. Se metti un'auto rossa in campagna, il rosso esalta i colori naturali».
I primi film di Pedro Almodóvar chi vi scrive li ha visti assieme alla madre, da un divano rosso della casa in cui è cresciuta. Sembra un’immagine finta, considerato il tema che stiamo per affrontare, eppure è così, forse la prova più concreta di quanto, nei colori e nella poesia con cui racconta la vita delle donne, il regista spagnolo ci azzecchi. Lo riesce a fare anche parlando di eutanasia, nel nuovo film (il primo in inglese dopo il corto Strange Way of Life) The Room Next Door, in anteprima questa settimana al Festival di Venezia e in uscita nelle sale italiane a dicembre. L’ultimo progetto di Almodóvar tratta un tema sottile e divisorio come il suicidio assistito attraverso la storia di un’amicizia tra donne, protagoniste argute, coraggiose (a volte fin troppo) e dall’intelligenza emotiva spiazzante. I personaggi di Julianne Moore e di Tilda Swinton ricordano le prime opere del regista spagnolo, anche se americanizzate. Anche in The Room Next Door, se il tanto amato rosso sangue di Almodóvar sembra ammiccare solo ai colori della terra natale del regista, al sesso e al dramma, dopo poco si rivela tutt’altro, un riflesso passionale delle eroine che rappresenta. Per ragioni comprensibili, in The Room Next Door non ritroviamo il rosso come sensualità ma come premura, nondimeno è sempre lì, sullo schermo a restituire su piano visivo lo stesso pathos che il regista mette nelle sue sceneggiature, a lasciare l’audience puntualmente scombussolata da donne forti, ma comuni.
La Movida Madrileña - Pepi, Luci, Bom e Donne sull’Orlo di una Crisi di Nervi
Negli ultimi vent’anni il rosso almodovariano è andato sbiadendo ma la centralità del colore, nelle opere del regista, è rimasta invariata. In The Room Next Door torna a colorare gli abiti, il volto e le case delle protagoniste in istanti precisi, quasi a richiamare l’attenzione del pubblico su scene chiave in cui le battute hanno bisogno di particolare ascolto. Anche se la sua filmografia è meno kitsch di prima, più pulita e ordinata, ritroviamo in qualsiasi scelta stilistica lo stesso Almodóvar di Tutto Su Mia Madre: un creativo ossessionato dalle emozioni delle donne e dalla loro rappresentazione sotto forma di abiti, di divani, di uscite ironiche. Oggi il surrealismo di Almodóvar ha trovato spazio nel lusso grazie a Saint Laurent, che ha firmato gli abiti di Strange Way of Life, e a Loewe, con Jonathan Anderson autore dei look indossati dal regista di The Room Next Door al Festival di Venezia, ma il suo universo continua a parlare allo stesso pubblico di sempre, fatto di persone comuni dalle vite straordinarie: donne che provano a far svenire il proprio fidanzato con un gazpacho imbottito di farmaci, donne che giurano fede a Dio ma poi si ritrovano incinte di un comune mortale, donne che guardano un film insieme alla mamma da un divano rosso e infine donne che suggeriscono alla figlia di vederlo insieme, dallo stesso divano rosso.