
Gli effetti speciali della moda di Hussein Chalayan Il designer turco-cipriota che non ha mai smesso di stupire
Durante gli anni Novanta se da una parte trionfano designer dediti al minimalismo e all’essenzialità come Jil Sander e Helmut Lang, dall’altra comincia a imporsi un’estetica che porterà al trionfo del glamour nella sua accezione più massimalista e votata alla ricchezza che vedrà il suo apice nei Duemila con creativi quali John Galliano e Dolce & Gabbana. Tra questi due estremi si trovano, però, anche alcuni nomi fuori dal coro che stravolgono le regole grazie a un approccio sperimentale e dirompente che si caratterizza soprattutto per il ricorso a sorprendenti effetti speciali. Una delle menti che fin dagli inizi della sua carriera si è contraddistinta proprio per questo tipo di creatività è, senza dubbio, quella di Hussein Chalayan. Il designer turco-cipriota parte, infatti, con grande forza già quando, nel 1993, si diploma alla Central Saint Martins con la collezione “The Tangent Flows” fatta di capi precedentemente seppelliti, dopo essere stati cosparsi con una polvere di ferro in modo da arrugginire per mesi prima di essere presentati in una sfilata.
La sperimentazione di Chalayan raggiunge sicuramente il suo apice negli anni Duemila. Ne è un chiaro esempio la collezione “After Words” AW 2000-01 che si caratterizza per un momento passato alla storia. Proprio per richiamare i tragici eventi della questione cipriota e la necessità di scappare via portando con sé ciò che rappresenta importanti ricordi, pezzi di arredamento come tavoli e piccole poltrone diventano, letteralmente, gli abiti che le modelle vestono sulla passerella, grazie a quei famosi “effetti speciali”. Le automazioni di capi che si trasformano davanti agli occhi degli spettatori, ritirandosi completamente o arricchendosi di parti prima nascoste, diventano una costante nelle sfilate di Chalayan che continua, quindi, a studiare temi tecnologici e l’integrazione di questi nella vita dell’uomo. Lo sperimentalismo, però, si addolcisce avvicinandosi a tempi più contemporanei in favore di capi più vicini a un’idea di vestibilità, senza mancare di stupire con qualche colpo di scena come gli abiti solubili che rivelano, una volta dissolti, gli strati sottostanti. Stratificazione che rappresenta – perfettamente – quel viaggio temporale che collega passato e futuro che ha sempre appassionato il creativo.
Da qualche anno Hussein Chalayan ha messo in pausa il proprio brand, con l’ultima collezione presentata nel 2019, quando è diventato professore alla HTW Berlin, Università di Scienze Applicate di Berlino, nel dipartimento moda con un focus sulla sostenibilità. Quello che rimane attualmente, oltre alla sua inestimabile eredità stilistica e creativa, è un profilo Instagram che, come una mostra digitale, espone costantemente parte di questo lavoro. Tutto ciò a riprova che, anche quando si segnano determinanti tappe nella storia della moda, il successo commerciale è una presenza (spesso incombente) che determina il futuro senza farsi troppi scrupoli.