L'anti-moda secondo Nicolò Romano Tra release limitatissime e stampe esplicite

In un’epoca in cui la produzione di massa è diventata una filosofia di vita, in cui il fast fashion ha trovato la sua giustificazione ideologica nel green washing e persino il thrifting viene praticato con ritmi selvaggi dalla Gen Z, c’è ancora chi acquista un capo su ordinazione, e no, non sto parlando di una birkin. Quello di Nicolò Romano è un brand che produce abbigliamento che aspira a diventare simbolo di sovversione, anche se forse ‘produrre’ non è il termine più adatto. Capi che ricordano l’estetica disfatta degli anni 90, pantaloni e giacche di pelle dall’aria vissuta che grazie all’uso di loghi vistosi e stampe sessualmente esplicite acquisiscono un’estetica forte e riconoscibile, ma soprattutto release limitatissime reperibili solo su ordinazione. 

Quando gli ho chiesto perché la maggior parte dei suoi capi riportassero l’illustrazione di un pene stilizzato, chiedendogli se fossero in qualche modo un omaggio al lavoro di Vivienne Westwood e J.W Anderson, ha definito la sua scelta una provocazione: «può significare tutto e niente,  sta allo spettatore decidere. Per quanto riguarda la spiritualità, che è un tema che fa parte integrante della mia ispirazione, simboleggia il più animale istinto dell’uomo oltre all’atto riproduttivo e al perpetrarsi della specie. Come ogni simbolo il fallo è permeato da significati multipli che possono cambiare a seconda del punto di vista, ma ha il pregio di suscitare una reazione, che sia lo sdegno o una risata». Quella di Nicolò Romano è una scelta di autenticità e una presa di posizione che va oltre l’abbigliamento, una sorta di storia esemplare traslata in un brand che non solo prende il nome dal suo founder ma che ingloba la sua persona in ogni cosa, dalla scelta dei materiali al prodotto finale, fino alla distribuzione. «Un ricordo, un'immagine, un’idea, ci si può vedere quello che si vuole, ma non sono solo abiti.»