
La storia dell'estetica biker Dopo Rosalìa e Motomami, arrivano Austin Butler e Motopapi
A due giorni dall'uscita nelle sale italiane di The Bikeriders, film tratto dal libro fotografico di Danny Lyon, diretto da Jeff Nichols e con Austin Butler e Tom Hardy, si intravede nelle scene che ritraggono le subculture dell'America di fine anni 60 il ritorno di un'estetica che nel mondo della moda è stata iper-celebrata. A partire dal 2022, con l'uscita del disco di Rosalìa, Motomami, e la nomina della nuova creative director di Harley-Davidson, Louise Goldin, i chiodi di pelle, i caschi integrali e il colore rosso fuoco hanno subito un'impennata di interesse da parte della fashion industry, ma il mondo del biking aveva una gigantesca influenza sulla moda da ben prima, con la Motorcycle Jacket di Saint Laurent o l'evoluzione dello stile nel mondo LGBTQ+. Resta che, da quando le prime note dello studio album di Rosalìa hanno riecheggiato nelle cuffie dei designer delle maggiori maison, l'estetica è stata praticamente riscritta. Con l'arrivo di The Bikeriders sul grande schermo, ci ritroviamo di fronte alla sua rivincita.
Negli anni, nemmeno un designer geniale come Demna è riuscito a modificare radicalmente l’uniforme dei biker firmando giubbotti e stivali per Balenciaga negli scorsi anni – proprio perché di un’uniforme si tratta. Qualunque update a quella uniforme deve venire da chi l’ha fondamentalmente inventata, e cioè due possibili brand: Schott, responsabile dell’iconico Perfecto, e Harley-Davidson stessa, che invece rappresenta l’intero lifestyle dei biker americani. Mentre il mondo del vintage diventa sempre più importante per la sua inerente realness, il cinema, la moda e la musica ne celebrano l'estetica, riportandola in prima fila.