
Alla moda piace di nuovo il boho-chic Ma ai consumatori?
Seduta su un prato verde con sigaretta alla mano, nel nuovo editoriale di Interview Magazine l’attrice Lily-Rose Depp guarda in camera indossando un vestito baby-doll in seta firmato Chloé, sorretto sotto il seno da un nastro di pizzo. Il look della star è puramente boho-chic: un’estetica nata alla fine dei primi anni 2000 al Coachella, tra piume e lunghe collane di perle, che però trova ispirazione nella libertà d’espressione dei figli dei fiori degli anni ’70. Dopo anni di latitanza, alla Paris Fashion Week FW24 il boho-chic ha ricominciato a fare rumore, in particolare grazie al primo show di Chemena Kamali in quanto nuova direttrice creativa di Chloé. Tra balze, alti zoccoli in legno e hobo bag, la designer ha offerto al pubblico un viaggio indietro nella storia del brand, dalla direzione artistica di Karl Lagerfeld negli anni ’70 a quella di Stella McCartney e Phoebe Philo nei primi anni 2000 (quando Kamali lavorava negli uffici stile della maison). La particolarità del neo-boho-chic è che il trend è partito dalle passerelle e non dai social media, a differenza di altri movimenti estetici contemporanei come l’indie sleaze e il coquette-core. In quanto impostata “dall’alto”, e non dalla strada o dai democratici spazi online, la tendenza ha corso il rischio di rimanere chiusa in nella bolla dell’high fashion, eppure non è stato così: su Google, le ricerche per boho-chic sono aumentate del 59% rispetto all’anno scorso, mentre su TheRealReal l’interesse per Chloé è salito del 37% a sole 24 ore dalla sfilata. Dal primo show di Kamali, ha detto una rappresentante della piattaforma di resale a Vogue Business, le vendite per i capi vintage Chloé sono aumentate del 130% di mese in mese. È possibile che, dopo anni di trend nati su TikTok a Instagram, la moda sia finalmente tornata a fare tendenza?
Per la prima volta in mesi (se non anni), le passerelle sono riuscite a dettare una moda prima che ci riuscissero i social media. Si tratta pur sempre di un’estetica nostalgica, come l’indie sleaze e il y2K, eppure questa volta la tendenza sembra perspirare aria fresca. Forse perché, al contrario dei precedenti, è obbligata ad allontanarsi dalle proprie radici politicamente ambigue e a reinventarsi secondo i canoni della cancel culture; forse perché oltre a Chloé - boho chic per natura - il genere non corrisponde a una firma o a un’altra: come sottolinea Vassallo, il boho-chic può essere interpretato in maniera totalmente personale, persino con l’utilizzo di accessori o indumenti vintage senza etichetta, il che rende il look di volta in volta originale. È ovvio che, una volta diventato nuovamente mainstream, è possibile che il boho-chic torni a sembrare ripetitivo, ma può anche darsi che, sorprendentemente, i consumatori riescano a renderlo autentico. Come dovrebbe essere lo stile di ognuno, del resto.