
La Copenhagen Fashion Week e il manifesto anti-fashion Il brand danese Carcel riaccende l'attenzione sul tema della sostenibilità
La Copenhagen Fashion Week FW20 appena iniziata nella capitale danese si è aperta con un dibattito su uno dei temi più discussi del fashion system, la sostenibilità. E' stato il brand danese Carcel ha puntare i riflettori su questo tema, decidendo di trasformare il proprio fashion show nella proiezione di un documentario sulla moda green, con l'obiettivo di attivare e risvegliare le coscienze su un tema così importante.
"Voglio creare un modello di business che abbia un impatto sociale e riduca la nostra impronta ambientale", afferma Veronica D’Souza, cofondatrice di Carcel. Il marchio lavora su più livelli di eco-sostenibilità e coscienza sociale, a partire dalla produzione di capi. I loro capi sono realizzati in Thailandia e Perù con materiali naturali e locali, riducendo i costi di trasporto per la produzione; e sebbene la loro impronta di carbonio possa essere ulteriormente ridotta spostando le fabbriche in Danimarca, scelgono di dare impiego a donne detenute in aree con alti livelli di illegalità, come in America Latina e nel sud est asiatico. I nomi dei lavoratori che realizzano ogni capo sono posti sotto il logo del marchio. Ad esempio, Rocio, di Cusco, in Perù, ha spiegato nel video mostrato alla sfilata, come sia entrata nel traffico di droga per provvedere alla sua famiglia e come adesso stia scontando una condanna di quasi 13 anni.