Le metropoli possono sopravvivere senza gli uffici? Da Londra a Milano: quartieri multifunzionali e il modello compact-living potrebbero essere delle soluzioni vincenti

Lo skyline della città si fa specchio di una calma piatta, irreale; i grattacieli della City abbandonati, illusioni di un futuro avanguardistico che si è cristallizzato; i ponti e le piazze deserte, i viali alberati popolati solo da qualche ciclista solitario; i mega schermi di Piccadilly Circus che continuano con la loro alternanza di immagini, colori e slogan per un pubblico fantasma. 

C’è poi un altro trend che la pandemia ha evidenziato, quello delle micro-economie all’interno della città. Il principio del compact living è diventato cruciale proprio nei mesi della pandemia, e dovrebbe restare cruciale anche nella progettazione delle città del futuro, non solo perché si tratta di una pratica sostenibile in ogni senso, ma perché permette ad ogni quartiere e ad ogni zona di formare dei microcosmi in cui ogni abitante è “auto-sufficiente”. Nei mesi più duri del lockdown è diventato chiaro come ogni quartiere deve essere in grado di offrire tutto ciò di cui il cittadino ha bisogno, ed è quindi altrettanto chiaro perché i grandi conglomerati di uffici e studi siano diventati delle città fantasma, e perché rischiano di rimanerlo ancora a lungo. Una divisione netta degli spazi, sia dal punto di vista fisico, ma soprattutto dal punto di vista della funzione, non è più un modello vincente per molte città. Per evitare fughe apocalittiche verso località più piccole e a misura d’uomo, devono essere ripensate le città più grandi, concentrandosi soprattutto su quartieri multifunzionali e per questi pratici, vicini alla quotidianità del cittadino.

Come già accaduto in altri settori e ambiti, la pandemia offre l’occasione per rilanciare una visione per il futuro spezzata dall’emergenza sanitaria, ma che ha la possibilità di essere riscritta alla luce di questa nuova quotidianità