Che fine ha fatto Supreme Italia? A distanza di un anno dal Samsung-Gate, la questione Supreme Italia potrebbe riesplodere a breve

Era il dicembre 2018 quando sul palco della conferenza per il lancio del nuovo Galaxy A8 a Shanghai, il responsabile marketing di Samsung China annunciava una straordinaria collaborazione dell’azienda coreana con Supreme.
A salire sul palco però non fu James Jebbia - fondatore del leggendario skate shop di New York - ma due goffi personaggi che rappresentavano una cordata di imprenditori cinesi e Italiani che avevano portato Supreme Italia in Cina.
Fu questa scena da teatro dell’assurdo a far conoscere in tutto il mondo lo strano caso di Supreme Italia e del legit-fake: la battaglia legale sull’uso legittimo del boxlogo Supreme iniziata tra la IBF (International Brand Firm) - un’azienda pugliese proprietaria di Supreme Italia - e Supreme, il marchio di New York che più ha influenzato il mondo della moda degli ultimi vent’anni. In poche parole, Supreme non ha registrato legalmente - per varie problematiche - il boxlogo in molti paesi (tra cui la Cina e la Spagna) dove Supreme Italia ha iniziato a proporre prodotti con il boxlogo senza di fatto infrangere nessuna legge.

La presenza fisica in Italia sarà un elemento importante dal punto di vista legale per la protezione del marchio, tuttavia non cambierà la situazione in Spagna in quanto la legge sulla proprietà intellettuale si rifà alle leggi nazionali e non Europee. In Cina invece difficilmente Supreme riuscirà a vincere la battaglia in tribunale annunciata nei comunicati stampa: il brand di New York non opera sul territorio cinese (non consegna prodotti e non ha punti vendita) l’unica appiglio è la riconoscibilità mondiale del logo, che però per la storia di Supreme è di per sé dibattuta. L’eclissi della moda dell’hype pronosticata da Virgil Abloh e confermato dai trend delle passerelle e dei consumatori, sarà un altro fattore decisivo, che paradossalmente farà gioco più a Supreme NY che a Supreme Italia. IBF non ha mantenuto nessuna delle promesse gloriose fatte un anno fa - si parlava di negozi già pronti ad aprire in Serbia, e in altri paesi dell'est Europa - e per il momento il piano di espansione sembra congelato. Dall'altro canto, l’incredibile popolarità di Supreme alimentata dal mercato dal resell e dagli hypebeast ha cambiato la percezione di Supreme nel pubblico più alto dello streetwear. Supreme NY sembra ad oggi aver perso il treno del Nuovo Lusso su cui stanno saltando molti brand scegliendo di posizionarsi invece verso un mercato più art-oriented portando a compimento un percorso che Jebbia iniziò già nel 1994 con la collaborazione con Rammellzee e negli anni con artisti del calibro di Roy Lichtenstein, Jeff Koons e Damien Hirst. Questo approccio farebbe calare l’hype sul boxlogo e di conseguenza anche su Supreme Italia.

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