
Sara Lorusso: "Mostrare la diversità dei corpi è un atto di libertà, di amore e di resistenza" Intervista alla fotografa del progetto Ciao Amore Ciao
Quando arrivo in Corso Sempione 33, in particolare nella Galleria Galera San Soda, che si trova al pianoterra di Grattacielo INA, commissionato nel 1953 dall’Istituito Nazionale Assicurazioni a Piero Bottoni, mi fermo ad ammirarne l'atrio, tutto di piastrelle rosa e blu. È difficile pensare a una location migliore per ospitare Ciao Amore ciao, mostra fotografica curata da Laura Rositani e nata dalla collaborazione tra Momonì e la fotografa Sara Lorusso con l'obiettivo di raccontare l'amore e il corpo in tutte le sue forme. Si tratta della prima fase di un progetto più ampio, che da Milano si espanderà al resto dell'Italia, che ha selezionato i soggetti delle fotografie tramite un'open call e che ha dato sostegno benefico a Mama Chat, associazione di sostegno psicologico per le donne vittima di violenza.
Intervista a Sara Lorusso, fotografa del progetto Ciao Amore Ciao
Come è nata la collaborazione tra te, Momonì e Mama Chat?
Quando Momonì mi ha contattata per realizzare questo progetto insieme mi ha fatto molto piacere. È sempre bello quando il tuo lavoro fotografico si incontra con un messaggio che senti tuo. Mi hanno dato molta libertà creativa negli scatti, si sono completamente affidati al mio sguardo, e questo ha reso la collaborazione ancora più autentica. Fin dall’inizio, l’idea era chiara: volevamo realizzare un progetto che non fosse solo visivo, ma che potesse anche supportare concretamente un'associazione. Così abbiamo trovato in Mama Chat il partner ideale, perché rispecchiava pienamente quello che volevamo sostenere. Un’organizzazione che aiuta le donne ogni giorno, unendo il nostro impegno artistico a una causa che fa la differenza nella vita reale.
Raccontaci il progetto fotografico Ciao Amore ciao
Ciao Amore Ciao è un progetto nato dal desiderio di raccontare il corpo e l’amore nella loro essenza più pura e universale. Attraverso la fotografia ho voluto creare immagini intime, vere, lontane dagli stereotipi, in cui chiunque possa riconoscersi. L’idea era quella di restituire ai corpi la loro voce, di mostrarli nella loro autenticità e diversità, celebrandoli come luoghi di esperienza, memoria ed emozione. La collaborazione con Momonì è stata preziosa perché mi ha dato totale libertà creativa. Abbiamo coinvolto donne attraverso un open casting, ed in più ho invitato a partecipare amiche che avevo già scattato in altre occasioni, scegliendo di rappresentare corpi reali in un’atmosfera intima, impreziosita dalla lingerie del brand.
A cosa si deve la decisione di esporre durante il weekend di San Valentino?
Abbiamo scelto di presentare Ciao Amore Ciao a San Valentino perché questa giornata, tradizionalmente dedicata all’amore, può e deve diventare anche un’occasione per celebrare un amore più ampio e profondo: quello per il proprio corpo e per la propria storia. Il progetto parla di rispetto verso il nostro corpo, di riconoscimento e di connessione tra le persone attraverso il linguaggio della pelle. Vogliamo che questa mostra sia un invito a riscoprire l’amore come un atto di consapevolezza e rispetto, non solo verso gli altri ma anche verso se stessi.
Le tue foto che messaggio vogliono mandare alle donne e in generale a chi le guarda?
Mi piacerebbe che chi osserva le mie foto potesse immedesimarsi in determinate situazioni, nell’amore, nei corpi ritratti, nel dolore e nella gioia. Un mix di emozioni che accompagnano la nostra vita e anche la mia fotografia. Non voglio che il messaggio si limiti alla positività, ma che anche chi fatica ad accettare il proprio corpo possa comunque vedere corpi reali, autentici. Siamo cresciuti con l’idea che i corpi perfetti mostrati in TV e nelle pubblicità rappresentassero la normalità, senza renderci conto che si trattava di un’immagine costruita, spesso da uomini, come se il nostro corpo dovesse esistere solo per compiacere il loro sguardo. Ecco, vorrei che le mie foto fossero una ribellione anche a questo immaginario.
Cosa ti ispira nella vita e nella pratica fotografica?
Le persone che ho attorno sono la linfa vitale sia della mia pratica fotografica che della mia vita. Ci sono legami di cui non potrei fare a meno, che mi fanno provare emozioni sincere ogni giorno e mi fanno sentire al sicuro. Le mie immagini raccontano la mia vita, lasciandomi ispirare dalle persone che incontro e dalle emozioni che attraversano le mie giornate.
Quanto è importante rappresentare e dunque mostrare tutti i tipi di corpi?
È fondamentale. Per troppo tempo abbiamo visto solo un certo tipo di corpo nelle immagini che ci circondano - nelle pubblicità, nei film, nei media - come se fosse l’unico accettabile, l’unico degno di essere mostrato. Ma la realtà è fatta di corpi diversi, con storie, segni, fragilità e forza proprie. Per me la fotografia è un atto politico e intimo allo stesso tempo: scegliere di rappresentare corpi reali significa restituire a ciascuno la possibilità di riconoscersi, di sentirsi visto e validato. Voglio che chi guarda le mie immagini si senta accolto, che possa rivedersi in un corpo che non ha bisogno di essere modificato o nascosto per esistere. Mostrare la diversità dei corpi significa ribaltare uno sguardo che per troppo tempo ci ha imposto ideali inarrivabili. È un atto di libertà, di amore e di resistenza.