Come è cambiata l’estetica del ciclismo su pista? Ogni dettaglio conta per andare più veloce

Se i tiratori olimpici a Parigi 2024 sono sembrati dei personaggi usciti da un universo cyberpunk, tutta l’estetica legata al ciclismo su pista può essere definita come futuristica o addirittura fantascientifica. Uomini o donne dotati di una forza sovrumana nelle gambe indossano tutine attillatissime che diventano trasparenti al primo rivolo di sudore mentre sulle teste hanno dei caschi ultra aerodinamici studiati per tagliare l'aria e correre il più veloce possibile su biciclette ultraleggere che non hanno freni. Le gare su pista sono da sempre il laboratorio tecnologico del ciclismo e l’estetica che ne deriva è solo la naturale conseguenza. Si bada poco alle apparenze, l'obiettivo è andare veloce. Più veloce. È l’unica soluzione per vincere una medaglia d’oro.

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Da quella edizione delle Olimpiadi in poi, il ciclismo su pista non si è più voltato indietro e ha cominciato a prendere la forma estetica che conosciamo oggi. Le ruote lenticolari hanno preso il sopravvento così come i caschi hanno cominciato ad assumere le dimensioni più strane sulla base di esperimenti nelle gallerie del vento. I manubri si sono evoluti, il disegno a U di O'Reill non è stato abbandonato ma anzi è stato migliorato: ora è prassi vedere i pistard utilizzare due differenti manubri, quello classico basso ed uno centrale con una U più stretta su cui possono appoggiare i gomiti per migliorare la spinta. Gli investimenti si sono fatti sempre più ingenti alla caccia dei marginal gain: ad esempio, una spesa di oltre 30 milioni di euro fra il 2009 e il 2013 da parte delle federazione britannica, fra le altre cose portò alla realizzazione di un innovativo kit in cui le cuciture sulle spalle avevano l’obiettivo di migliorare l’aerodinamica. Risultato? Sette medaglie d’oro su dieci eventi totali alle Olimpiadi del 2012 a Londra

L'evoluzione ovviamente è proseguita. Nel 2022 l’italiano Filippo Ganna ha stabilito il nuovo record dell’ora in sella a Bolide F HR 3D, un modello ipertecnologico realizzato da Pinarello per un costo totale che oscilla tra i 60000 e i 75000 euro. E in occasione delle Olimpiadi di Parigi abbiamo avuto subito un assaggio della direzione presa dal ciclismo su pista. La prima finale in calendario è stata la Sprint femminile e la medaglia d’oro è andata alla Gran Bretagna. Katy Marchant, Sophie Capewell e Emma Finucane hanno stabilito il nuovo record del mondo in sella alla Hope HBT Paris, un’evoluzione della Lotus x Hope HB.T ovvero la rivoluzionaria bicicletta in fibra di carbonio utilizzata alle Olimpiadi di Tokyo e realizzata anche attraverso l’utilizzo della stampa 3D. Un modello innovativo in cui la parte anteriore è stata disegnata in modo che la forcella sia più larga e agisca come un alettone in grado di ridurre l’attrito con l’aria. Perché ogni dettaglio conta quando bisogna andare veloce. Più veloce.