Perché mangiare da soli al ristorante è sempre più complicato? Tendiamo a non farlo per paura del giudizio degli altri, ma è anche vero che i locali non favoriscono la cosa

Di recente El Paìs, uno dei principali quotidiani spagnoli, ha raccontato la storia di Eduald e Anna, due residenti di Barcellona a cui non è stato concesso di cenare al ristorante perché erano soli. Da qualche tempo, infatti, soprattutto nei quartieri turistici delle grandi città, bar e locali in cui mangiare tendono sempre più spesso a "rimbalzare" le persone sole, anche se hanno tavoli a disposizione, in favore di coppie o gruppi più numerosi, così da poter guadagnare maggiormente. Eduald, ad esempio, voleva cenare nel Carrer de Blai, la via dei tapas-bar di Barcellona, nel quartiere Poble Sec, ma è stato respinto da tre locali: in un caso gli è stato detto che il ristorante era riservato ai soli gruppi, mentre in un’altro ha notato che al suo posto sono stati fatti sedere alcuni turisti. Lo stesso è accaduto ad Anna, che ha definito questa pratica «capitalismo spregiudicato» – anche se c’erano tavoli liberi, è stata allontanata da un bar del quartiere catalano Eixample, ancora una volta perché era sola. Le motivazioni dietro a questo trend – definito da El Paìs “solomangarefobia”, cioè “la paura di mangiare da soli” per il timore di essere respinti – sono di natura puramente economica: i gruppi di persone portano più guadagno a un locale in confronto a un singolo, tanto più se si tratta di turisti, che tendenzialmente sono disposti a spendere di più rispetto alle persone del posto. Più in generale, questo fenomeno fa parte di una serie di cambiamenti nati con la fine della pandemia e la ripresa del turismo di massa nelle grandi città: molti bar e ristoranti, ad esempio, hanno esteso gli orari del servizio al di fuori di quelli in cui di solito si pranza o si cena, con l’obiettivo di attirare più turisti e accrescere i guadagni; in questo senso è anche sempre meno tollerato limitarsi a bere – a me non che non si ordini qualcosa da mangiare, infatti, non sempre è consentito sedersi.

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Ma la questione non è tanto se ci si diverte di più facendo qualcosa con gli amici piuttosto che da che soli: riguarda invece la sensazione di disagio che in molti hanno paura di sentire quando escono a divertirsi da soli, cosa che porta a rimanere a casa, anche se si è consapevoli che potrebbe essere comunque un’esperienza piacevole. Secondo Ratner il motivo di questo cortocircuito deriva dalla paura del giudizio degli altri: «Siamo convinti che non ci divertiremmo perché siamo preoccupati di quello che penseranno gli altri a vederci da soli». Questo fenomeno è ben conosciuto in psicologia, e prende il nome di “effetto riflettore”. La verità, però, come hanno dimostrato numerose ricerche, è che le persone – in realtà – giudicano e si preoccupano degli altri molto più rado di quanto si possa pensare: infatti, tendiamo costantemente e regolarmente a esagerare l’interesse che avrebbero gli altri nei nostri confronti. In definitiva, il modo migliore per liberarsi dell’imbarazzo di fare cose in pubblico da soli è – banalmente – farne di più. «Abbiamo bisogno di persone convinte che divertirsi da soli sia una cosa figa e coraggiosa», conclude Ratner. «Qualcuno deve iniziare questa nuova tendenza».