
Passato e futuro di Camden Town La storia dell'iconico quartiere di Londra che adesso potrebe "perdere" il suo Market
Da qualche tempo a Londra il cambiamento è all’ordine del giorno, tra una nuova identità extraeuropea e l’”hasta la vista baby” di Boris Johnson, la notizia che Camden Market sia stato messa in vendita per circa 1,5 miliardi di euro sta per trasformare intimamente il panorama della capitale inglese. Ma com’è possibile che parte di un intero quartiere pari a circa 65 mila metri quadrati, una delle istituzioni culturali della città, sede dei celebri Camden Lock Market, Stables Market e Buck Street Market, nonché culla delle subculture degli anni ‘70, sia in vendita? La notizia anima la stampa britannica da qualche settimana: secondo il Financial Times, il proprietario della gigantesca area di 16 acri con edifici che ospitano oltre mille attività, il miliardario israeliano Teddy Sagi, avrebbe arruolato l’investment bank Rothschild & Co. per individuare un possibile acquirente. Una notizia che infrange l'immaginario comune della Camden underground che per la sua natura di melting pot culturale sembrava sfuggire a qualsiasi legge di mercato, la Camden dai muri di mattoni, del locale musicale Dingwalls, luogo d'ispirazione del disco di debutto dei Clash, del bar in cui Amy Winehouse lavorava da adolescente, dello storico negozio di abbigliamento futurista Cyberdog, oltre che luogo di ritrovo per hippy, punk e skinhead. Eppure, forse, il quartiere che tutti noi abbiamo visitato da ragazzi, da soli o in viaggio studio, non è più lo stesso da un pezzo.
Sagi ha acquistato il complesso nel 2014 e ne ha cambiato gradualmente il volto, demolendo l’intera zona di Hawley Wharf per costruirvi edifici nuovi di zecca, mentre i piccoli artigiani e commercianti (proprietari di librerie indipendenti, di studi di tatuaggi, di negozi di abbigliamento punk e goth) chiudevano i battenti per l’impennata degli affitti. Al posto dei negozi indipendenti sono apparsi brand e catene come Costa, Caffè Nero, Pret A Manger, Urban Outfitters, Dr. Martens, oltre che nuovi uffici di colossi aziendali, da MTV a Santander. Lo stesso succede anche per le persone: nonostante il loro ruolo nella storia di Camden, i crust punk vengono lentamente allontanati dalla città dalle forze dell’ordine: "La polizia è più attenta, le rotaie dove noi e altri locals ci sediamo vicino al Lock sono state spostate, i luoghi pubblici sono stati epurati", dice Dave, 19 anni, a Vice già nel 2016. Si chiama gentrificazione, il processo di trasformazione di un quartiere popolare in zona abitativa di pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni, una speculazione edilizia che Sagi aveva intenzione di monetizzare già nel 2019, prima che la pandemia glielo impedisse.
È altamente probabile che la vendita del complesso spinga ulteriormente verso questa direzione, rappresentando la fine di Camden Market come istituzione culturale. “Non vendete l’anima di Camden Market”, titola il volantino distribuito all’ingresso del più grande mercato delle pulci di Londra. Da un lato l’aspirazione di respirare lo stesso clima culturale per 50 anni è fuori luogo, in quanto i fenomeni sociali sono intimamente connessi agli avvenimenti storici che li motivano e sperare che ci siano dei giovani punk ad emulare i Sex Pistols per sempre suona piuttosto anacronistico. Dall’altro, in questo eterno tentativo di modernizzazione, di perfezionamento tecnologico ed estetico, che fa capo ad interessi economici piuttosto che ad un vero progetto di riqualifica degli ambienti, le metropoli stanno diventando delle grandi teche di vetro tutte uguali in cui le persone corrono freneticamente per andare a lavoro senza che ci sia alcuna differenza tra New York, Parigi o Milano. Più pulite e sicure, di certo, ma senz’anima.