
La storia di Sergio Tacchini da John McEnroe ad A$AP Nast Ascesa e declino di uno storico brand sportivo amato sia dalle curve inglesi che dai rapper newyorkesi
La moda negli ultimi anni ci ha abituato a collaborazioni audaci e incomprensibili, ma davvero poche a prima vista sono più inaspettate di quella recentissima tra A$AP Nast e Sergio Tacchini. Forse non sapremo mai cosa ha spinto uno dei nomi di punta della musica e della moda internazionale a collaborare con un brand italiano che non sta vivendo i propri giorni migliori, ma in realtà ci sono più collegamenti sotterranei che uniscono il giacchetto da tennis che usa vostro padre la domenica con uno dei sodali della Mob di Rocky di quelli che si potrebbero inizialmente sospettare.
Basterebbe il video di presentazione della capsule collection, che sovrappone prima Nast versione Hip Hop appoggiato su una Mercedes con tutte le portiere aperte e immediatamente dopo un Nast versione Hooligan braccato con i suoi compagni in un vicolo claustrofobico mentre tenta di scappare dalla macchina da presa, per spiegare la fascinazione che deve averlo spinto a prestarsi a questa operazione. Un incrocio di riferimenti estetici unico, dal Terracewear degli stadi inglesi durante gli anni ‘80 alla Golden Era del rap newyorkese della prima metà degli anni ‘90, tutto nel nome di un marchio creato da un tennista torinese di medio successo ormai sessant’anni fa.
Infatti al contrario di Fila o Kappa, Sergio Tacchini non ha vissuto il grande ritorno sulle scene dello streetwear italiano ed è anzi rimasta relativamente nell’ombra, un ossimoro visto come i suoi tracksuit color blocking hanno rivoluzionato prima la palette del tennis e poi del casualwear.
Nato nel 1966 come Sandys S.p.A, presto e non senza un briciolo di mitomania - come commentò il suo amico e rivale Nicola Pietrangeli - cambiò il nome dell’azienda usando il suo nome proprio ricamandolo su ogni capo. Seguendo le orme dei più celebri René Lacoste e Fred Perry, in Italia Sergio Tacchini fu l’unico sportivo a creare una propria linea d’abbigliamento tecnico. E se i suoi risultati sportivi non raggiunsero quelli dei suoi ispiratori, l’intraprendenza con la quale si calò nel ruolo di imprenditore gli permise in poco tempo di conquistare uno spazio sempre più importante nel vestire e nello sponsorizzare atleti in più discipline.
Il successo sportivo
Ovviamente per Sergio Tacchini il tennis è stato sempre il primo amore e il campo da gioco sul quale ha vestito gli sportivi più riconosciuti. Partendo con le sponsorizzazioni di Ilie Nastase, Jimmy Connors, Vitas Gerulaitis, Roscoe Tanner, Tacchini arrivò alla fama planetaria quando vestì John McEnroe in 7 vittorie ai Grandi Slam
Soprattutto la polo con la T inscritta nella S fece il giro del mondo durante lo sfogo della SuperBrat durante il primo turno di Wimbledon 1981, quando insultò l'arbitro di linea per una chiamata a suo avviso sbagliata ripetendo più volte e con crescente ira “You cannot be serious”, che diventerà prima il titolo dell’autobiografia di McEnroe e successivamente una recente campagna pubblicitaria di Sergio Tacchini. In finale il tennista statunitense sconfisse lo svedese Bjorn Borg, atleta Fila, vendicando la sconfitta della precedente edizione in un figurato passaggio di consegne anche tra i brand.
L’idea di miscelare influenze diverse, tra l’aspetto quasi sartoriale delle origini e i colori accesi degli anni ‘80 rappresenta la strada a cui molti brand di streetwear si sono affidati negli ultimi tempi per tornare ad essere rilevanti. Vedremo se la collaborazione con A$AP Nast sarà il primo passo di quella intrapresa da Sergio Tacchini per tornare ad essere il Lacoste italiano.