
Come sono andati i 5 debutti della fashion season I risultati sono misti, l’entusiasmo è molto
Una delle regole non dette del giornalismo di moda è quella di sospendere sempre il giudizio sulle prime collezioni. Non parliamo soltanto delle collezioni degli esordienti completi ma anche di quelle dei nuovi direttori creativi di brand già stabiliti. Quando un nuovo direttore creativo entra in un certo brand, infatti, spesso ha pochissimo tempo per mettere insieme una collezione – in alcuni casi qualche mese o anche meno. Rimane storico, ad esempio, il debutto di Alessandro Michele da Gucci che con il suo debutti riuscì a restituire un’idea generale del nuovo corso del brand, pur realizzando una produzione assai più scarna rispetto a quelle che sarebbero seguite. A questo si deve anche aggiungere che molte prime collezioni sono come una larga rete gettata in acqua, per sondare bene quali look e quali stili funzionano meglio col pubblico e aggiustare il tiro alla stagione successiva.
Bisognerà dunque soppesare le cinque collezioni di debutto viste nelle ultime settimane, tra Milano e Parigi,con un grano di distacco, senza sbilanciarsi eccessivamente – il tempo, come un bravo giudice, confermerà o ribalterà il risultato.
1. Tod’s
Dopo una serie di debutti vagamente sepolcrali, Chemena Kamali è arrivata in passerella come una brezza fresca e profumata. Certo, la collezione di debutto di Chloé poteva certamente essere più equilibrata, alcuni look risultavano sovraccarichi di idee che si sarebbero potute asciugare più sintenticamente ma Kamali ha indovinato senza la minima esitazione cosa costituisse la freschezza e il brio del brand. Si avverte subito che la sua mano conduce con una sicurezza che ci fa tirare un sospiro di sollievo: niente in questa collezione è approssimativo, nulla risulta antiquato o stantio. Per il futuro, le attese paiono rosee.