
Perché i brand di moda hanno bisogno delle K-pop star Le influenze dell'economia mondiale sulla pop culture
I loro nomi invadono i nostri schermi appena cerchiamo un brand su X, le immagini che li ritraggono salutare i paparazzi e i fan fuori dalla venue della sfilata sono in altissima definizione, tanto da appannare la folla che hanno attorno. Non si riesce esattamente a localizzare il momento esatto in cui le K-pop star sono diventate il centro gravitazionale della Fashion Week, ciò che è certo è che la loro partecipazione all’evento continua a farsi sempre più marcata. Alla sfilata SS24 di Dior, la presenza dell’ambassador Jisoo ha generato $8.1 milioni in MIV, un totale maggiore di almeno l’86% del resto dei brand che hanno partecipato alla PFW. Il suo account Instagram, da oltre 77 milioni di follower, non racconta ogni attimo della sua giornata in precedenza allo show, ma a quello ci pensano i suoi fan. Blog interamente dedicati alle star aggiornano ogni spostamento in tempo reale, da quando vengono avvistate all'aeroporto di Charles De Gaulle a quando siedono in prima fila di fronte alla passerella. Post, re-condivisioni e hashtag contribuiscono ad alimentare l’engagement attorno alla figura degli artisti, trasformando le immagini che li ritraggono in full look brandizzati in bolle mediatiche gigantesche che arrivano ad oscurare gli show stessi. L’attenzione smisurata da parte del pubblico per le K-pop star ha portato le maison più grandi al mondo ad investire nella loro immagine, procurando un vortice mediatico in continua crescita. Ma chi sono nello specifico i volti della musica K-pop, e perchè riescono ad influenzare le vendite e il percepito dei brand di moda? Che lo shift culturale verso un’estetica più sensibile e “babygirl”, per usare un termine social, stia influenzando la carriera delle star è certo, ma c’è di più. Abbiamo provato ad indagare il fenomeno, valutando la portata numerica del pubblico delle sfilate alla Milano e Paris Fashion Week. Analizzando i post inerenti all’evento sui social media, abbiamo tratto le stime dei volti ricorrenti più citati e dell’ondata di interazioni che hanno generato.
Chiunque partecipi alla Fashion Week è a conoscenza dell’impatto delle k-pop star agli show. I fan accorrono fuori dalle venue a mucchi aspettando di vedere il loro idolo, sperando che li saluti e che si fermi a scattare un selfie. Come gli One Direction e i Beatles per le generazioni passate, le band coreane hanno completamente sedotto la Gen Z e la Gen Alpha, con la differenza che i primi erano solo due band composte da cinque membri, gli ultimi rappresentano un vero e proprio mercato a sé - in crescita del 31,7% di anno in anno - contenente decine di gruppi di successo. Così come negli anni ’90 abbiamo assistito all’era delle top model, nei 2000 è arrivato il turno degli attori di Hollywood e nel 2010 sono entrati a gamba tesa gli influencer, l’intensificarsi dell’interesse da parte dei colossi della fashion industry per i K-pop idol non è che il risultato naturale del progresso del celebrity marketing. Quello che si è instaurato è ormai un rapporto di codipendenza: le maison sfruttano la viralità della musica e delle band K-pop per accrescere l’impatto mediatico dei loro show, mentre le star approfittano dell’evento per instaurare un legame più profondo con i propri fan. Come tutto, anche la loro presa sul pubblico presto verrà meno, ma finchè la moneta corrente della Fashion Week continuerà ad essere il MIV, le K-pop star avranno un posto a sedere in front row.