
Le acconciature più iconiche del fashion system E se la creatività passasse per i capelli?
Anna Piaggi li faceva tagliare solo da Vidal Sassoon, Yves Saint Laurent viveva con il terrore di perderli, Rick Owens li porta lisci e lunghi fino alle spalle: i capelli, come tutto ciò che abita il nostro corpo, diventano veicolo di comunicazione a tutti gli effetti. In passerella, per strada, nei saloni di città e province o negli uffici stile di brand e magazines, sullo styling dei capelli si possono intavolare discussioni lunghe ore. Pur essendo destinati ad una caduta fisiologica scandita dal loro ciclo vitale, i capelli vengono continuamente manipolati dai nostri tagli e acconciature - il MoMA, nel 2018, si è persino chiesto quali potessero essere le implicazioni politiche e identitarie che andassero ad intaccare questa massa pilifera composta per lo più da cheratina e ponti di solfuro. Le risposte, come per qualsiasi veicolo di soft power, non sono arrivate in forma assoluta. Per questo abbiamo interrogato le teste di alcuni dei creative director che hanno scritto la storia della moda, provando ad interpretare le diverse linee di pensiero rispetto alla moda e ai suoi processi creativi assumendo le loro chiome come insindacabile parametro di giudizio. Ecco, dunque, cosa ci dice la creatività delle chiome dei direttori creativi della fashion industry.
Ai vertici di Condé Nast
Nel 2018, Demna dichiarava al The Guardian che l’eleganza non è un qualcosa di rilevante nella sua visione creativa. Il suo buzzcut estremo non poteva che testimoniare l’urgenza di chi prende sul serio la moda e ne fa uno spettacolo teatrale in bilico tra la potenza catartica della tragedia e la verve dissacrante della commedia. La silhouette del direttore creativo di Balenciaga, così come il suo taglio di capelli, è una sorta di grado zero della moda: niente fronzoli, poco tempo, massima resa.