
Le sfere di Shawn Kolodny protagoniste sul set dello show Missoni Filippo Grazioli e Shawn Kolodny raccontano la loro nuova collaborazione
Il trucco per comprendere davvero un’opera d’arte sta nel confrontarla senza filtri. Piazzati lì davanti, con gli occhi socchiusi in meditazione, l’osservatore non si domanda il significato del progetto che ha di fronte a sé, ma cosa questo suscita nella propria coscienza. È questo concetto ciò che ispira le Spheres of Influence, dell’artista americano Shawn Kolodny, una ricerca dell’Io interiore attraverso la riflessione fisica e mentale. All’interno di spazio La Pelota, le Sfere argentate di Kolodny stanno prendendo forma in preparazione della sfilata SS24 di Missoni di questo weekend, alcune già appese, altre in attesa di essere gonfiate. Questa Milano Fashion Week Missoni presenterà a spazio La Pelota, un anfiteatro a pochi passi dal quadrilatero della moda milanese caratterizzato da un’architettura rigorosa e minimale, spoglia di colore ma per questo ampia e luminosa. Nello spazio che separa le due sfere poste al centro di quella che di lì a poco diventerà una passerella, Shawn Kolodny e il direttore creativo di Missoni Filippo Grazioli ci raccontano le origini della loro collaborazione.
Durante lo shooting di Filippo Grazioli e Shawn Kolodny, il team ruota attorno alle sfere dell’artista sperando di non rimanere fotografato nel riflesso di una delle installazioni. Osservando tutti scappare da una parte all’altra di spazio La Pelota, viene da pensare all’energia dei bambini quando giocano a rincorrersi, e anche al momento in cui, sabato pomeriggio, gli abiti multicolour di Grazioli verranno riflessi sull’argento luccicante di queste immense forme circolari proponendo agli ospiti l’immagine speculare di loro stessi, assieme a quella dei look. Mentre questa sera nella stanza si può udire solo il formicolio della nostra conversazione, sabato prenderà luogo una vera e propria opera d'arte corale, resa ancor più grande grazie agli specchi di Kolodny. «I vestiti definiscono le persone,» spiega l’artista, facendo un paragone tra le sue opere e la moda. «Si prende il proprio interno e lo si mostra all'esterno, che sia flamboyant o conservatore. Il mio lavoro fa la stessa cosa, ti prende e ti riporta a te stesso, con un piccolo twist.» Così come la moda anni ’70, eternamente riconosciuta come la decade della liberazione sessuale, delle proteste e delle provocazioni come atto di rivolta, l'autoriflessione che nasce quando ci si ritrova di fronte alle sfere di Kolodny è irrompente, ma esteticamente poetica. «È provocatorio per le sue dimensioni,» spiega l’artista. «Creare opere immense e monumentali è una cosa che mi piace. È con questo che le persone entrano in contatto, possono interagire, diventarne parte. Fa qualcosa per alcune persone, rende la connessione un po' più speciale.»