
Shein può cambiare in meglio? Il colosso ultra-fast fashion vuole aumentare la propria responsabilità sociale
Un’azienda ultra-fast fashion del calibro di Shein può davvero riuscire a cambiare in meglio? Le entrate dell’azienda sono ragguardevoli: l’anno scorso ha raggiunto ricavi pari a 22.7 miliardi di dollari, una cifra che punta a raddoppiare entro il 2025. Gli ambientalisti, nonostante la concorrenza in questo settore stia aumentando con il sorgere di grossi competitor come Temu, considerano Shein uno dei principali responsabili delle montagne di scarti tessili presenti in giro per il mondo. Secondo la Or Foundation, una delle destinazioni più vasta di rifiuti tessili si trova presso il mercato di Kantamanto ad Accra, in Ghana, che riceve ben 15 milioni di capi nuovi ogni settimana. Il 40% di essi finisce invenduto, bruciato in giro per la città o addirittura gettato in mare: è così che aumenta l’inquinamento da microplastiche. Stando anche a quanto ci riporta questo articolo di The Business of Fashion, in un’intervista, Peter Pernot-Day, responsabile delle comunicazioni di Shein, ha parlato di come l'azienda fondata da Chris Xu si starebbe impegnando intensamente per ridurre gli sprechi, e ha aggiunto come la stessa abbia ridotto gli scarti di merce invenduta in maniera considerevole. Lo stock invenduto di Shein si aggira infatti attorno all’1%, cifra che nel fashion system è attorno al 25-40%.
I detrattori di Shein sono ancora molti. Tra i vari troviamo Liv Simpliciano, responsabile delle politiche e della ricerca di Fashion Revolution, che ha assegnato a Shein un punteggio di 7 su 100 nel suo indice annuale di trasparenza relativo al fashion system del 2023. Simpliciano ha rimarcato che questo nuovo modello di business dell'azienda cinese potrebbe portare a volumi di ordini imprevedibili, i quali andrebbero a gravare sulla supply chain, una dinamica non da poco se consideriamo che i lavoratori sono sottoposti a una pressione notevole per soddisfare le quote di produzione. Secondo la responsabile di Fashion Revolution, la riduzione degli scarti di produzione non è sufficiente: non basta utilizzare tessuti in giacenza da parte degli altri marchi di moda, ma servirebbe l’introduzione di un programma che punti a ridurre l’utilizzo di materiali vergini. Quando si affronta l'argomento Shein, è sempre lecito analizzarlo con una buona dose di scetticismo: la reputazione che si è creato nei primi suoi anni di vita di certo non ci porta ad essere ottimisti sul suo futuro, ma saremmo pronti a smentirci qualora questa rivoluzione - che a onor del vero sembrerebbe essere utopica - dovesse giungere a compimento.