
Breve storia dei conigli nella moda Da Vivienne Westwood a Marni
Anche in una società come la nostra, dove simbolismi, credenze e rituali sono stati soppiantati dalle razionali leggi del marketing e della finanza, ci sono dei simboli che sopravvivono ai secoli. Uno di questi è il coniglio, animale che oggi associamo principalmente alla Pasqua, ma che attraverso varie incarnazioni culturali (basti pensare a Bugs Bunny e al Bianconiglio, le più celebri) hanno mantenuto il proprio ruolo di trickster mitologici, di creature liminali simboliche del perpetuo cambiamento naturale e della fertilità, di metafore di prudenza e paura ma anche di stregoneria, di lussuria e di purezza insieme (come le Conigliette di Playboy). Il coniglio, in breve, è un animale su cui si addensano molti significati per la nostra civiltà che spesso, attraverso la sua rappresentazione carnevalesca, sono trapelati anche nel mondo della moda. Una delle più impensabili ricorrenze della moda, ad esempio, è quella del designer che si inchina a fine sfilata mascherato da coniglio: iniziarono Tiziano Mazzilli e Louise Michelsen che, nel 2003, quando chiusero la sfilata del loro brand Voyage a Milano, proseguì Alexander McQueen che alla fine del suo show SS09 apparve a salutare vestito da coniglio, poi toccò a Francesco Risso che si mascherò allo stesso modo per il finale dello show FW20 di Marni mentre l’ultimo a farlo fu Virgil Abloh che indossò un cappello con orecchie da coniglio al Met Gala 2021. Ma questi sono casi isolati. Molti di più sono quelli in cui i conigli sono apparsi in passerella – casi che, tra l’altro, sono andati moltiplicandosi nel corso degli anni quasi che, col passare del tempo, il pubblico abbia iniziato a trovare nuove e rilevanti corrispondenze tra il mondo di oggi e l’archetipo iconografico del coniglio.
E qui siamo arrivati alle stagioni più recenti: Egonlab, S.S. Daley e Ambush utilizzarono l’iconografia del coniglio per le loro collezioni SS23, il primo sotto forma di elemento pop e con un riferimento al Bianconiglio di Alice nel Paese delle Meraviglie; il secondo invece usò il coniglio nella sua accezione di simbolo dell’amore, pescando il riferimento dall’epistolario di Vita Sackville West e Violet Trefusis, due scrittrici lesbiche dell’Inghilterra edoardiana che, nelle proprie lettere, usavano la parola “rabbit” per parlare del proprio amore. I conigli di Ambush, invece, erano un riferimento alla cultura rave e alla moderna mania per avatar e ai videogiochi nostalgici degli anni ’90. Infine, lo scorso gennaio, fu Masayuki Ino di Doublet a far aprire il proprio show da un modello vestito da coniglio rosa – una mescolanza di mondo umano e animale che voleva rappresentare il concetto di diversity, dato che tutti gli animali (c’era anche un costume da orca, da lupo, da panda) vivono in armonia nella natura.