
Come era Bottega Veneta prima del "New" Bottega Riesplorando i lunghi anni della tenure di Tomas Maier
«Artigianato in movimento» è il motto con cui Matthieu Blazy decise di riassumere la sua idea di Bottega Veneta ai tempi della sua prima collezione. Blazy, un designer di capacità immense, ha trasformato quello che doveva essere un atterraggio di emergenza in uno dei maggiori successi per il gruppo Kering. Prima di lui, il brand era stato guidato da Daniel Lee che lo aveva riportato alle luci della ribalta dopo anni in cui la sua fama era stata sommersa dal clamore dello streetwear, di Louis Vuitton e Gucci e di un massimalismo generalizzato che è forse la più feroce antitesi della sua etica. Però la vicenda del marchio i cui show erano diventati dopo il 2005, per citare Vogue, «i pilastri portanti della Milan Fashion Week», è molto più lunga di Daniel Lee, né il lunghissimo mandato creativo di Tomas Maier, durato ben 17 anni, è stato noioso come spesso si ritiene anzi fu lui a stabilirne i famosi “capisaldi” avviando la Scuola di Pelletteria del brand a Vicenza: «L'eccezionale maestria artigianale, il design innovativo e senza tempo, la funzionalità contemporanea e i materiali di altissima qualità, definiscono tutto ciò che viene prodotto da Bottega Veneta». Anzi: osservando tutti i creativi che anche prima di Tomas Maier avevano rilanciato il brand, come la direttrice creativa Laura Moltedo, la stylist Katie Grand e i designer Giles Deacon ed Edward Buchanan, è facile rendersi conto come i direttori creativo del New Bottega abbiano aggiunto la propria personale visione a una stratigrafia estetica straordinariamente coerente negli anni. Tolti i Puddle Boots e i jeans trompe-l'œil in pelle, in effetti, quella silhouette fluida e decostruita, quel gioco di texture ariose e dense, quell’approccio così tattile ai materiali sono stati fondamento del brand per lunghissimi anni. Proprio a Tomas Maier (e vedremo presto come) va il merito di aver tenuta accesa la metaforica fiamma del brand in un’epoca in cui, da un lato, dilagava l’allegro e variopinto caos delle subculture Y2K e, dall’altro, l’avvento dello streetwear incalzava la moda.
Nel 2017 il marchio aveva avuto un fatturato di 1,176 miliardi, cifra quasi invariata rispetto all'1,173 di un anno prima. Mentre Gucci e Saint Laurent erano in costante e importante crescita».
Perché Maier andò via? Sempre Il Sole 24 Ore afferma che la sua lunghissima tenure di 17 anni era, calata nei tempi della moda, equivalente a un’era geologica – e se proprio in quegli anni cruciali Virgil Abloh saliva sul trono di Louis Vuitton, Alessandro Michele su quello di Gucci, Demna su quello di Balenciaga e nuovi fenomeni come Jacquemus, The Row, Wales Bonner, Bode e Thom Browne catturavano l’attenzione delle nuove generazioni di clienti. Nel luglio 2018 venne annunciato il nome di Daniel Lee, nel dicembre di quell’anno venne presentato il primo lookbook del “new” Bottega e nel febbraio 2019 una lunga fila di modelli inguainati di pelle nera sfilava all’ombra dell’Arco della Pace di Milano. Il resto è storia.