«L'aspirazione non ha bisogno di essere esclusiva»: intervista a Willy Chavarria Il designer americano ci ha raccontato la sua idea di moda e il suo legame con gli Stati Uniti

«Il mio lavoro rappresenta molte delle persone la cui presenza è vista come una silhouette, non riconosciute come tali a causa del razzismo o della discriminazione» mi dice Willy Chavarria quando finiamo per parlare di uno dei tratti distintivi del suo lavoro: le silhouette. Nato a Fresno, in California, Chavarria è uno di quei nomi la cui presenza all’interno del fashion system è ormai parte integrante, talmente abile da essere riuscito a diventare non solo parte dell’industria della moda, ma quasi a crearne una a sua immagine e somiglianza. «Quando sarà il momento andremo a Milano e a Parigi. Per il momento ci sentiamo molto legati a Los Angeles e New York, abbiamo un rapporto speciale con le comunità del posto» racconta Chavarria parlando della scelta di sfilare alla New York Fashion Week dove è ormai presenza fissa. «Penso che gli Stati Uniti abbiano un qualcosa di unico, il desiderio di abbracciare il cambiamento in un modo intensamente appassionato. Il nostro lavoro riflette proprio questo aspetto e penso sia una delle nostre caratteristiche migliori.» Prima di inaugurare il suo brand omonimo nel 2015, Chavarria ha messo insieme una gavetta tanto unica quanto sfaccettata: partito da un lavoro part-time da Joe Boxer - marchio specializzato in underwear, è passato per il brand di abbigliamento da ciclista Voler fino ad approdare da Ralph Lauren, dove è stato assunto nel 1999 per lavorare a una linea di cycling apparel.

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“Wall St.Love”
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Uno spiccato senso umano che fa parte da sempre dei valori di Chavarria, come nel caso di uno dei momenti di massima visibilità del brand: la collaborazione del 2018 insieme ad Hummel. «Quel progetto era incentrato soprattutto sulla partnership con RIFA, un campionato di calcio composto da giovani richiedenti asilo, immigrati e rifugiati» - mi racconta Chavarria - «avevamo creato le loro jersey da gioco che poi abbiamo venduto per finanziare il progetto.» La stessa sensibilità è presente anche in “Wall St.Love”, una visual story ispirata al “what it takes” che ha caratterizzato il distretto finanziario di New York negli anni ’80 e ’90. Realizzati da Bruce Bennett (styling e photography) e Dava Hunter (makeup, hair and talent), gli scatti vogliono catturare la forza necessaria per sopravvivere in un ambiente ostile come quello di Wall Street, mentre lo styling reinterpreta il look formal dell’epoca in chiave moderna utilizzando anche alcuni look dello stesso Chavarria - insieme a quelli di Maxwell Osborne di AnOnlyChild e Diane Von Furstenburg. «Partendo dalla "Teoria di Platone" ho capito che come l'amore, la vita e l'arte, anche noi siamo fatti l'uno per l'altro perché la natura ci ha creati come un tutt'uno.» - ha raccontato Bennett parlando del suo lavoro - «L’idea è che gli stessi principi dell'attaccamento si applicano alle relazioni strette durante tutto l'arco della vita. L'attaccamento nelle relazioni adulte o in quelle tra me e il mio partner». Un incontro tra due epoche diverse degli Stati Uniti attraverso uno dei suoi luoghi più famosi, nel bene e nel male. Ma se il passato e il presente sono ben delineati, il futuro di Chavarria è unicamente nelle sue mani, magari «a capo di una grande casa di moda». L’importante, come specifica lo stesso designer, è che «il collettivo Willy Chavarria esisterà sempre. Potrà evolversi nel tempo, ma rimarrà un brand legato alla propria tradizione.»