
Gucci coi piedi per terra Nel primo show post-Alessandro Michele, il brand prova a ritrovare il suo centro
Lunghi cappotti, jeans oversize, blazer e berretti, bomber di nylon, oltre che una dose enorme di borse scultoree ma per lo più monocrome e minimaliste – eccezioni a parte (ed eccezioni non sono mancate, dai jeans ricoperti dal monogram fatto con i cristalli, agli stivali di vernice logati e allo sportswear) la collezione FW23 di Gucci che ha aperto la Milan Fashion Week Men’s sembra volersi emancipare dall’identità stabilita di Alessandro Michele in sette anni di esuberante regno creativo. Con una musica rock firmata dai Ceramic Dog a dare alla collezione un deciso graffio grunge, il brand sembra voler tornare con i piedi per terra, lontano da sincretismi, ibridazioni, riferimenti pop e voli concettuali. Il risultato è meno rivoluzionario di quanto molti speravano ma rimette la metaforica palla al centro, stabilendo un nuovo e più neutrale corso in attesa dell’arrivo di un nuovo direttore creativo capace di muovere il brand verso una direzione più precisa. Il risultato non è definitivo ma è sicuramente rinfrescante, come quando Alice esce dallo sgargiante e allucinatorio Paese delle Meraviglie e ritorna nel suo normale, rassicurante giardino inglese.
La collezione includeva, come dicevamo, pezzi più esuberanti che trovavano una collocazione forse un po’ imprecisa nel nuovo, fondato discorso identitario del brand. È chiaro che a una certa esuberanza non si può rinunciare – e quei look intendono significare che l’energia e il vitalismo di Gucci sono ancora lì, tornati allo stato di cellule staminali il cui DNA va ancora strutturandosi. In effetti, essendo stato Alessandro Michele il campione del massimalismo di Gucci, è proprio la parte più rock-chic e minimalista la più innovativa e coesa della collezione, quella capace di dichiarare con forza e sottigliezza insieme che i tempi sono cambiati e che, pur senza perdere il proprio giovanilismo, Gucci ha chiuso con bizzarrie e barocchismi ed è tornato a essere un brand ragionevole, indossabile, che vende più vestiti “veri” che concept. Questo non vale comunque a dire che il tocco di Michele sia sparito come per magia. Rimane ancora molto del moto impresso al brand dal designer romano, nei colori, nella mescolanza di glamour d’altri tempi e rudezza giovanile. L’eredità dell'ex-direttore creativo c’è ancora ma è, per l’appunto, un’eredità, il lascito di un passato recente che non di meno si trova al di qua del presente, nel novero delle “ere” trascorse di Gucci insieme a quelle di Tom Ford e Frida Giannini. Ma il futuro, senza dubbio, arriverà.