La moda-bimbo è sempre più contemporanea La rivincita di un settore trascurato per anni dall’alta moda

Nel 1994 Karl Lagerfeld fece sfilare Claudia Schiffer con una maglietta per bambina sotto un completo di Chanel. In quel momento il mercato della moda per bambini era quasi sconosciuto ai grandi marchi, ma da diversi anni è diventato appetibile a sempre più case di moda di alto profilo. In precedenza si basava solo su brand tradizionali, che disegnavano capi staccati della contemporaneità e poco ricercati in termini di tessuti e linee. Se le aziende di alta moda si sono interessate all’abbigliamento per bambini in ritardo, anche le testate e i magazine più autorevoli non si sono occupati del tema per molto tempo. Marni, Gucci, Fendi, ma anche Lanvin e Dolce & Gabbana, tra gli altri, hanno aperto divisioni specializzate sulla moda-bimbo solo a partire dal 2010; dopo la prima settimana della moda dedicata ai bambini, tenutasi a Londra nel 2013, sono entrati nel mercato anche Balenciaga, Givenchy e Karl Lagerfeld, tra i molti. Anche se naturalmente non si può paragonare a quello della moda per gli adulti, il settore moda-bambi oggi funziona, nonostante lo scetticismo iniziale: ad esempio la sezione Kids di Burberry, nata nel 2001, a poco più di dieci anni della sua implementazione fatturava circa il 4% delle vendite totali del marchio. Nel 2018, in media, l’abbigliamento per bambini rappresentava il 10% delle entrate complessive dei brand, e due anni più tardi il settore non è stato colpito quanto la moda-adulti della pandemia. Oggi l’abbigliamento per bambini è sempre meno senza-tempo, grazie soprattutto a Internet e un cambio di mentalità da parte dei genitori.

Il know-how delle aziende storiche è fondamentale soprattutto perché spesso le case di moda scelgono di riadattare le collezioni stagionali degli adulti a quelle per i bambini. Questa è forse la caratteristica più importante dell’abbigliamento contemporaneo per bambini, e nasce dal cosiddetto “mini me”, cioè la scelta di vestire i figli con gli stessi capi dei genitori. Molto popolare sui social, è stata promossa da celebrità come Kim Kardashian, Beyoncé e Victoria Beckham con le rispettive figlie. I grandi marchi, tra cui Balenciaga, nel disegnare i propri prodotti hanno scelto di cavalcare questa tendenza, semplificando all’occorrenza le forme e le stampe, ma senza discostarsi troppo dalle linee già curate per gli adulti. Nella moda-bimbo quel che continua a far discutere sono costi: i singoli capi, gli accessori e le scarpe luxury per bambini vengono vendute a cifre nell’ordine di varie centinaia di euro; ci sono poi casi come quello di Dior, che dal 2013 propone la linea haute couture anche per i più piccoli, realizzando abiti che possono valere oltre 10mila euro. A funzionare più di tutto in questo mercato è probabilmente il cosiddetto “my first”, vale a dire il regalo per la nascita, dove si è notato che anche il pubblico più generalista ricorre, per l’occasione, ai prodotti delle grandi case di moda – più che altro come ricordo dell’infanzia del bambino (le sneakers infatti vanno tantissimo e diventano quasi dei pezzi da collezione). Come ha scritto Business of Fashion, nessuno nel settore credeva che la moda-bimbo sarebbe stato un affare, invece i piccoli e grandi marchi sono riusciti a costruirsi un mercato sostenibile.