Perché non dovremmo sottovalutare le infradito Da massimo esempio dell'antiestetico e presenza fissa nelle passerelle delle Fashion Week

Più divisive delle sopracciglia ad ali di gabbiano o della decolorazione fai da te, più cruciali del revival Y2K, sono le infradito. E, nel mentre eravamo presi dall’insorgere di  trend vari, hanno iniziato ad affollare quasi inavvertitamente feed e magazine. Passerelle incluse: The Row le ha proposte in pelle e camoscio, Jacquemus e Coperni con zeppa, mentre Dries van Noten persino in velluto. Gli editor di moda le guardano sospetti: può mai un retaggio del lato oscuro Y2K - ci sarà un girone infernale per quelli che le hanno abbinate a pantaloni della tuta wide e abbronzatura finta  - superare persino le crocs in fatto di ugly coolness? 

Coperni SS22
Etro SS23
Blumarine SS22
Burberry Resort 22
MSGM SS22
 

Eppure, l’idea d’indossare delle infradito ha del radicale: lungi dall’essere una calzatura sobria, in realtà si caratterizza per la scelta estrema di mettere in mostra tutto. Radicalizzazione che, da quell’anno, si è materializzata in infradito dal design sperimentale promossa da collaborazioni come Fenty x Puma o da brand come Dsquared2. La riscoperta delle infradito è andata a sovrapporsi infatti con la crisi interna al mercato dello streetwear: dopo una stagione di empowerment delle sneaker in generale, i trend hanno iniziato a spostarsi su modelli platform e ibridi - basti guardare il successo recente delle platform shoes di Versace o di Valentino - che hanno decretato il successo di una componente ludica che non può più essere ridotta a trash. Volumi esagerati abbinati a vestiti tie and dye, maxi platform con crop top e un’attitude chunky sono diventati i capisaldi estetici di un immaginario che non può fare a meno di vivisezionare tutti i tasselli alla base del Y2K.