Mauna Kea: quando il surfwear arrivò a Firenze Come un marchio dal nome hawaiano ha ridefinito lo streetwear italiano

Il termine Mauna Kea significa, nell’originale lingua hawaiana, “Montagna Bianca”. E in effetti il profilo sempre innevato del grande vulcano che domina sull’arcipelago è una delle viste più iconiche del panorama di quell’angolo di mondo. Proprio quel profilo, nel 1988, deve aver affascinato il giovane surfista fiorentino che girava il mondo alla ricerca dell’onda perfetta che poi, tornato in Italia, fondò un brand chiamato proprio così: Mauna Kea. A quei tempi, in Italia, il mito del surf esisteva come qualcosa di lontano da una società borghese che ancora non si era distaccata dai suoi codici euro-centrici, preppy, molto fondati sul bon ton che solo in quegli anni andavano aprendosi verso nuove subculture come i paninari, i figli dei fiori e i goth. Già dalla sua fondazione, il brand portò una ventata di novità in un mondo che non conosceva la libertà del surf e del mare – i suoi tagli sportivi, i suoi colori accesi, le sue fantasie incendiarono l’immaginazione di un Italia che finalmente, al culmine di un decennio prospero come gli anni ’80, iniziava a guardare con curiosità verso nuovi e più ampi orizzonti. La principale novità e unicità del brand è il suo spirito “no season: proprio come il vulcano hawaiano ha la neve in cima e il mare a valle, così i prodotti del brand sono pensati per essere trasversali attraverso le occasioni e soprattutto le stagioni.

La seconda vita del brand si svolse durante l’esplosione dello streetwear con un cambio di narrativa che ne riguardò sicuramente prodotti ed estetica, interamente Made in Italy, ma anche il messaggio, enfatizzando la connessione di Mauna Kea con la natura, popolando le sue campagne di animali come scimmie, elefanti, cervi, tigri siberiane e carpe koi. Questo legame si tradusse anche nelle stampe tye-dye, nelle decorazioni shibori e nelle texture delle collezioni – ispirate al foliage, alle pellicce riprodotte in aerografia, alle scaglie dei pesci o procedure di tintura artigianale. Un momento molto importante per la svolta di Mauna Kea, specialmente nel mercato americano, fu quando J. Cole indossò una double hoodie del brand per un concerto, aumentandone enormemente la visibilità sul piano mondiale e stabilendo un legame tra il brand e il mondo dell’hip-hop italiano e internazionale e conquistando fan del calibro di J Balvin, Guè Pequeno, Marracash, Desiigner, Plies e Russ ma anche di Lorenzo Jovanotti e della star K-Pop Yugyeo . Con una collaborazione firmata dalla star dell'NBA Jaren Jackson in rampa di lancio, il brand è tornato a riesplorare questa estetica anche per la sua stagione SS22, che oltre alle classiche print aggiunge anche il tema visivo delle api e delle alveari e ambienta i suoi scatti tra le montagne, i monti che rievocano le sue originali radici hawaiane – sempre tra la montagna e l’oceano, sempre no season e, ovviamente, sempre italiano.