
Kuba Dabrowski, MODES e l’importanza di catturare l’ordinario Il fotografo Kuba ci ha raccontato il backstage della campagna MODES Garments
Kuba Dabrowski è un fotografo di origini polacche che non disdegna le incombenze della vita di tutti i giorni e recentemente è stato chiamato da MODES Garments - network retail italiano con boutique nelle location più iconiche al mondo tra Italia, Svizzera e Francia - per scattare la campagna della nuova linea di t-shirt MODES Garments. 22 reti di boutique all’attivo connesse dalla sua esclusiva piattaforma digitale, l’accostamento di maison iconiche a marchi di nicchia avantgarde, uno sguardo rivolto anche al panorama del kidswear: MODES rappresenta la scoperta e il desiderio di offrire al cliente un’esperienza inimitabile nelle destinazioni più esclusive d’Europa. Il suo DNA dichiaratamente votato alla creatività e all’eclettismo ha trovato così una nuova dimensione espressiva nella presentazione della sua prima private label di t-shirt. Ne è nata MODES Garments, una linea d’abbigliamento unisex che ha saputo dare voce alle aspirazioni e all'inventiva di artisti internazionali.
Milano e MODES sono stati infatti terreno di esplorazione per il primo drop di MODES Garments, composto da t-shirt unisex in tre colori (bianco, nero e blu) interamente Made in Italy e realizzate in cotone biologico nel pieno rispetto della sostenibilità. Facendo a meno di pose plastiche e di post-produzioni improntate sul glamour, la campagna fotografica ha abbracciato un progetto ad ampio respiro incentrato principalmente sul catturare le molteplici forme legate all’espressione della propria autenticità. T-shirt come souvenir - l’artista Giacomo Fumagalli è stato l’artefice dei sei disegni impressi sul modello bianco raffiguranti ognuno una location in cui MODES è presente - tele bianche su cui i creativi come Kuba sono chiamati a lasciare un'impronta riconoscibile. «Sono andato per le strade di Milano - il suo asfalto, i suoi colori e la sua architettura rimangono inconfondibili - in skateboard, al fianco dei modelli cercando di creare qualcosa di altamente simbiotico».
L’impressione che si ha scorrendo le foto è proprio quella di un reportage fatto da uno degli skater perché «quando sei su uno skateboard, è come se ti trovassi costretto a dover realmente interagire con il mondo esterno. E, se aggiungi una fotocamera, vuol dire che sei totalmente immerso in qualcosa. Paradossalmente fotografi e skater sono più vicini di quanto si possa pensare: si trovano nella condizione di dover necessariamente reinterpretare l’esterno. Determinati colori, contesti o situazioni sono destinati a diventare semplicemente qualcos’altro. I ragazzi che vedete ripresi lungo le strade o i bar di Milano non si separano mai dal loro skate e dalla loro t-shirt, diventando tutt’uno con l’asfalto e il vibe della città. Se dovessi trasformare il progetto in una mostra, avrebbe sicuramente il titolo di una canzone o di una poesia italiana» conclude Kuba.