
Come Oakley ha trasformato il passato nel suo futuro La riscoperta dell'archivio attraverso l'Oakley Factory Team raccontata da Elia Fornari di Brain Dead
Sono passati circa vent’anni da quanto Ato Boldon si è presentato sul tracciato delle Olimpiadi di Sidney indossando un paio di Oakley Overthetop. la montatura diventata ormai iconica per il suo design tanto folle quanto rivoluzionario. Al di là della fama conquistata online, quel modello rappresenta però solo una piccolissima parte dell’enorme e sconfinato archivio di Oakley, un mondo in cui l’eyewear costituisce solo la proverbiale punta dell’iceberg. Nato nel 1975 dalla mente di Jim Jannard, ex venditore di componenti per moto, prima di vendere occhiali da sole Oakley vendeva manopole da moto con il nome The Oakley Drip durante eventi e raduni di appassionati. Fin da subito però la visione di Jannard è stata in grado di contraddistinguere l’ascesa di Oakley, guadagnando nel corso di pochi anni una visibilità tale da arrivare fino agli occhi, letteralmente, di Michael Jordan e Tom Cruise. «Di natura Oakley ha sempre potuto innovare perché non ha mai avuto paura di rischiare» ci ha detto Elia Fornari, vice-presidente di Brain Dead che con Oakley ha da poco lanciato l’Oakley Factory Team, il progetto pensato per rielaborare l’archivio del brand attraverso una serie di drop che hanno visto come prima protagonista l’iconica Flesh, silhouette nata a giugno del 2000 e diventata famosa soprattutto per il suo design ibrido che univa una sneaker a una scarpa da trekking.
Come nel caso dall’Unobtainium, il primo materiale creato dal brand nel 1981, o dell’High Definition Optics, la tecnologia brevettata nel 1990. Nonostante una storia non priva di momenti complessi, su tutti la lunga diatriba con Luxottica che ha portato all’acquisto del brand da parte del gruppo italiano nel 2007, la storia di Oakley è parte integrante della cultura moderna in una dimensione che non si limita solamente all’eyewear, ma arriva fino al footwear e all’apparel. «Prossimamente il progetto Factory Team si espanderà oltre il footwear» ci ha anticipato Fornari, che ci ha voluto spiegare la grande differenza tra le collaborazioni fatte da Brain Dead e il progetto nato con Oakley: «Molti brand ci propongono delle collaborazioni per poter comunicare il loro momento. In tal caso noi siamo solo una piccola parte di quel momento. Nel caso di Oakley invece noi siamo il progetto, dal design alla produzione, è tutto seguito internamente. Il che ci rende responsabili a pieno del progetto». In uno streetwear che fatica a trovare stimoli e guizzi per reinventarsi in un momento di discesa come quello post hypeculture, la strategia di Oakley rappresenta probabilmente il modo migliore di giocare con la propria eredità, rendendola protagonista assoluta in un processo di reinvenzione del proprio passato.