Il segreto per diventare influencer? Avere qualcosa da dire Come si è evoluta la figura dell'influencer negli anni

Tra derisione, invidia e un’ostinata fascia di persone che non vuole ancora ammettere che si tratti di un vero lavoro, quello dell’influencer è un mestiere che esiste da poco più di 10 anni e nonostante ciò è già diventato un tedioso cliché. Eppure il termine, al di là dell’immaginario che evoca, si applica a tutti i tipi di creator digitali indipendentemente dalla piattaforma che prediligono: dai TikToker ai vlogger di YouTube, dalle personalità di Twitter ai detentori di una newsletter, dagli editor ai meme maker. Un settore di giorno in giorno più saturo e che ingloba un numero vertiginoso di sotto-categorie in costante crescita, tanto che non è mai del tutto chiaro chi tra la nuova guardia sarà in grado di sfruttare una momentanea ondata di popolarità - la grazia dagli algoritmi - per costruire una carriera duratura. Com’è cambiato dunque negli anni l’influencer marketing? Cosa significa davvero ‘influenzare’ in un’era in cui le tendenze possono durare anche meno di un giorno e la popolarità è alla portata di tutti? 

Allo stesso tempo sui social non è più necessario ‘mostrarsi’ per diventare popolari: lo dimostrano account come Styledotcom e Ideservecuture, le pagine d’archivio e moodboard come nel caso dei curator alla Samutaro e Sabukaru. Ora che la cultura e l’istruzione passano (a volte pericolosamente) anche dai social, i follower vogliono portare le loro conoscenze e opinioni nella discussione tanto quanto vogliono vedere cosa ha da dire in merito un determinato creator. Gli influencer in questo, rispetto alle pagine istituzionali di magazine e riviste, riescono a fornire contenuti educativi e allo stesso tempo personali, creando dibattiti e rafforzando una community di fedelissimi. In generale c’è un crescente interesse per quei contenuti che vanno al di là della semplice storia delle passerelle, che si concentrino piuttosto sui dietro le quinte, sui segreti del mestiere e sulle storie taciute, come dimostra il successo social di Federica Salto, Mariella Milani o di Aja Barber, giornalisti che hanno saputo basare il proprio successo sul racconto del proprio mestiere in tutte le sue sfumature. Forse siamo ufficialmente entrati nell’era della meritocrazia dei social, un tempo in cui esseri diversi, avere qualcosa da dire, sono i criteri che guidano like e visualizzazioni molto più di un bell'aspetto.