Il fascino controverso del Fake Tanning L'Y2K ci ha dato alla testa?

Le mode vanno e vengono, ma la nostra dedizione ad una sana tintarella estiva è qualcosa di perenne. Non importa quante volte le riviste cerchino di convincerci che il pallore sia più interessante, sofisticato o per lo meno salutare, l'abbronzatura rimane uno dei guilty pleasure dell'estate. Da qui deriva il segreto del successo del fake tanning, non solo come pratica di abbronzarsi artificialmente, ma anche come una vera e propria estetica che evoca chiome ossigenate nei club degli anni duemila, le healthy girls di Los Angeles o anche gli incidenti di percorso con il lettino abbronzante di David Schwimmer in Friends e di Anne Hathaway in Bride Wars. St Tropez, uno dei principali prodotti autoabbronzanti nel Regno Unito, vende tre bottiglie di mousse abbronzante al minuto in tutto il mondo. Eppure sembra ci sia il serio rischio che i prodotti che ci consentono per tutto l’anno di sfoggiare una pelle fintamente baciata dal sole scompaiano dal mercato: «i produttori stanno riscontrando una carenza del solvente chimico etossidiglicole, utilizzato per migliorare la consistenza dei prodotti per la cura della pelle e aiutarli a diffondersi uniformemente sull’epidermide, specialmente nei prodotti autoabbronzanti» - riporta The Guardian. Un’interruzione nella catena di approvvigionamento globale che ha che ha colpito farmacisti e produttori, come nel caso di Sunjunkie con sede a Stockport, e che mette a rischio principalmente il regno Unito, dove l’estetica Chav, alla Geordie Shore per intenderci, è ancora una realtà viva e circa il 41% delle donne usa prodotti autoabbronzanti. 

Sebbene i lettini abbronzanti fossero un must già negli anni ‘80, bisogna aspettare gli anni 2000 perché il trend diventi, come titolava un articolo del The Guardian del 2010, ‘the new normal’. Erano gli anni della pelle in mostra, delle veline, di Britney Spears, Shakira, Paris Hilton, Kim Kardashian e Nicole Richie, ma soprattutto erano gli anni delle Spice Girls e di Victoria Beckham, che nel 2001 aveva raggiunto la stesso grado di saturazione di un’arancia matura,  tanto che l'Evening Standard la definì "l'originale donna Tango'd", marca di oli abbronzanti famosa in quegli anni. Tra le tute in velluto di Juicy Couture, i jeans inguinali e gli strass sui denti, se c’è davvero un revival che mette in discussione il buon senso comune è l’abbronzatura arancione. Infatti, in un sondaggio di Superdrug, esagerare con l'abbronzatura finta è stato votato come "il più grande errore di bellezza del 20° secolo", e gli organizzatori del Royal Ascot, l'evento più importante del calendario sociale in cui osservare numerosi cavalli della Regina in competizione, hanno pubblicato una guida per scoraggiare gli spettatori dagli autoabbronzanti aranciati. Negli anni ‘0 avevamo ancora la scusa dell’inconsapevolezza, era una trend nuovo che non avevamo ancora avuto il tempo di metabolizzare e analizzare con sguardo critico, presi come sempre a inseguire le celebrity nelle loro ultime (discutibili) scelte di stile. Ma ora che l’Y2K è tornato di moda, nonostante gli anni passati e la consapovolezza che il fake tanning sia per certi versi l’epitome del cattivo gusto, nulla può più tenerci lontano dai solarium, neanche i divieti di Elisabetta I, se non proprio una falla nel sistema di approvvigionamento delle aziende di autoabbronzanti. Che sia tutto un complotto?