
L’eco-punk di Glenn Martens nella collezione FW22 di Diesel Denim, sperimentazione, sostenibilità
Nel mondo della narrativa e della cultura esiste un sottogenere narrativo e tematico a metà tra il classico dieselpunk e l'immaginario post-apocalittico – una sorta di visione retrofuturista che mette insieme i film di Mad Max, i costumi del Burning Man e videogiochi come BioShock e Wolfenstein. A un simile tipo di estetica Glenn Martens ha voluto attingere per il suo ultimo show di Diesel che in un’atmosfera dai contorni allucinatori (musica elettronica, monumentali e provocanti sculture gonfiabili uscite da Blade Runner 2049, modelle dipinte di rosso o blu come alieni atterrati nel deserto di un film anni ’50) ha creato un nuovo storytelling per lo storico brand italiano fondato nel ’78 da Renzo Rosso e diventato una delle principali autorità mondiali sul denim.
Qui Martens ha dato all’industria una masterclass sul design sostenibile, riuscendo anche a interpretare un core element del brand per il quale disegna: la sperimentazione tessile è sempre stata parte di Diesel e ieri è stata portata al next level. Nel durante è stata introdotta anche una nuova linea collaborativa, realizzata insieme a Tejidos Royo, e chiamata Diesel Rehab Denim creata con filati prodotti a partire dagli scarti di produzione della sua stessa fabbrica. Il debutto di Diesel sulle passerelle sotto la guida creativa di Glenn Martens ha dimostrato che straordinari effetti possa creare una brand reinvention done right. È una visione nuova e soprattutto un’identità nuova e molto più radicale – capace però di portare il brand sul forefront della moda.