
Cosa significa per l’editoria di moda lo scontro tra Celine e Vogue Quando un brand snobba il fashion magazine più famoso del mondo
Ieri pomeriggio, un articolo di WWD ha rivelato un inatteso nuovo beef nell’Olimpo della moda: Hedi Slimane vs. Vogue. A quanto pare, Hedi Slimane non avrebbe invitato Vogue a coprire il suo show SS22 di Celine dopo che Emmanuelle Alt, editor-in-chief di Vogue Paris, ha lasciato la direzione del magazine che ora è stato rinominato Vogue France. La vicenda ha rapidamente preso dimensioni drammatiche quando si è venuto a sapere che Slimane ha portato le sue rimostranze alla scrivania di Anna Wintour in persona – incontro che avrebbe portato a un embargo totale nei confronti di Vogue. Più tardi, Mario Abad, fashion editor di PAPER magazine, ha pubblicato una conversazione avuta in DM con una fonte anonima presumibilmente interna a Vogue che ha detto «posso confermare che Condè Nast è bloccata da tutto ciò che è Celine […]. Il nostro fashion director […] ci ha detto che l’embargo è così severo che Condé Nast non ha più il permesso di menzionare Celine o il nome di Hedi Slimane – anche se non so se questo succederà o meno. Tutto il resto però è vero. Ha completamente perso le staffe. Nessun invito agli show, nessun sample – niente». La vicenda si va a inserire nel largo filone delle faide tra Hedi Slimane e le personalità della moda: faide che lo hanno portato a litigare con Kanye West, a portare Kering in tribunale, a escludere la giornalista Cathy Horn dalle sfilate per una cattiva recensione e a cancellare oltre 100.000 euro di ordini da Colette per una t-shirt satirica nel 2013. Scontrarsi direttamente con Vogue, però, ha una valenza simbolica molto più importante: se Celine può fare a meno di Vogue e Condé Nast, è la rilevanza del magazine a essere messa in discussione.
Al cambio delle dinamiche di potere nell’ambito della fashion communication & PR, si va anche ad aggiungere il controverso processo di centralizzazione del potere attuato da Condé Nast nell’ambito dell’universo Vogue – processo che è stato definito di “semplificazione” dall’editore, e che ha visto le varie edizioni nazionali del magazine perdere autonomia nei confronti di redazioni più centralizzate e controllate dall’alto dalla Wintour stessa, che è Chief Content Officer di tutti i magazine di Condé Nast, e di Edward Enninful, che da editor-in-chief di British Vogue è diventato European Editorial Director. La mossa non è stata molto amata, sia perché ha portato a una diaspora di creativi e talenti che da anni lavoravano da Vogue, sia perché ha portato a una perdita di specificità delle singole edizioni nazionali, tutte dotate di un’estetica e uno storytelling molto diversi tra loro. Una mossa che sostanzialmente ha concentrato il potere editoriale dei magazine nelle mani dei dirigenti di Condè Nast a discapito delle singole realtà nazionali e dei giornalisti che lavoravano al loro interno ma che ha anche tolto incisività e importanza alla rivista del cui supporto, a quanto pare, un brand come Celine, e chissà quale altro, può fare tranquillamente a meno.