
5 momenti che hanno definito l’era di Daniel Lee da Bottega Veneta Dal debutto all’Arco della Pace a Milano fino al party semi-legale alla Soho House di Berlino
Con un breve ma incendiario comunicato stampa, ieri sera, Kering ha annunciato che l’era di Daniel Lee da Bottega Veneta si è conclusa dopo appena appena tre anni. Anche se brevissimo, il regno di Daniel Lee ha avuto un’influenza enorme sull’industria della moda: nel corso di 11 collezioni, che sono andate dalla Pre-Fall al 2019 fino alla SS22 di qualche settimana fa, Lee ha fatto rinascere un brand caduto nel dimenticatoio senza mai usare un logo; con i suoi Puddle Boots ha rilanciato il trend degli stivali di gomma poi adottato da qualunque altro brand di moda; ha reso una particolare sfumatura di verde smeraldo uno dei colori più iconici e riconoscibili del mercato del lusso e con le sue campagne scattate da Tyrone LeBon ha inventato una nuova idea di glamour, tanto affascinante quanto enigmatica. Sono anche stati tre anni carichi di controversie: dal presunto plagio dei gioielli di Elsa Peretti, David Webb e Niccolò Pasquetti, passando per la querelle sull’assurdo prezzo delle collane di plastica e argento a forma di filo telefonico, fino alla shitstorm che circondò il famigerato party semi-legale di Berlino e alle ultimissime voci delle forti tensioni suscitate da Lee nel management dell’azienda – la navigazione del brand è stata molto spedita ma anche molto poco tranquilla.
Tutte queste vicende ruotano intorno alla personalità di Daniel Lee, descritta da una fonte anonima di WWD con l’emblematico aggettivo di «uncommunicative» e dunque schiva, ombrosa, mercuriale – che tanto ha dato allo storico brand con la sua creatività ma che tanto gli ha tolto in termini di stabilità e sicurezza. All’indomani dell’addio del designer, mentre una nuvola di pettegolezzi inizia a propagarsi intorno alla vicenda, il futuro sembra incerto – ed è per questo che abbiamo voluto ripercorrere la breve, brillante, intensa era di Daniel Lee da Bottega Veneta ricordandola attraversi cinque momenti-chiave.
1. Il debutto in passerella a Milano
La FW20 di Lee è forse una delle sue sfilate migliori. Le installazioni luminose che riproducono arcate neoclassiche, gli ipnotici e cupi violini che paiono usciti da Intervista col Vampiro, i tagli quasi chirurgici delle silhouette, le cascate di frange, le proporzioni. La breakout star dello show però passa inosservata all’inizio: è il Puddle Boot. Uno stivale di gomma monocolore e tondeggiante, che ha fatto il giro dei social media ed è diventato forse la scarpa più desiderabile del mondo dopo la Triple S di Balenciaga. Retrospettivamente, in effetti, il successo del Puddle Boot ha superato quello della collezione stessa – ma soprattutto ha influenzato la produzione di stivali di gomma dalle forme tondeggianti da parte di qualunque brand di moda e lanciato definitivamente il trend delle luxury rubber shoes.
3. La scomparsa dai social media
La prima avvisaglia della personalità timida e poco comunicativa di Lee fu anche la scelta di social media marketing più audace e di maggiore successo della storia recente: sparire da tutti i social media, trincerarsi dietro un’intrigante e impenetrabile cortina di fumo, creando una sensazione di glamour e mistero. Una mossa che catapulta il brand verso nuove altezze ma che, grazie alla presenza della pagina-mouthpiece @newbottega, mantiene salda la presa del brand almeno su Instagram e in via del tutto ufficiosa. Il successo totale della sorprendente decisione di ritirarsi dai social media venne in un momento in cui i brand si affidavano più che mai al social media marketing ma fu il primissimo segnale della nuova strategia di visibilità di Bottega Veneta: nascondersi per farsi cercare.
4. Il primo show segreto a Londra
La presentazione al Berghain di Berlino è stata, col senno di poi, il salto dello squalo di Daniel Lee. Il momento in cui la stupenda ambiguità del suo atteggiamento sospeso tra timidezza e alterigia è apparso non sotto la luce del glamour misterioso ma dell’elitismo più sfacciato. Celebrità invitate da mezzo mondo che non rispettarono la quarantena obbligatoria, pochissime mascherine in vista, una palese noncuranza di coprifuochi e distanziamenti in un momento in cui tutta la città era ancora in lockdown. Un utente di Instagram definì l’evento come «un iconico schiaffo in faccia all’intera città» mentre il mondo del clubbing quasi si rivoltò e iniziarono a rincorrersi resoconti da parte di molti whistleblower che denunciarono il totale segreto in cui si svolse il party a porte chiuse. Non a caso, lo show segreto di Berlino segnò anche la fine delle presentazioni segrete e, di nuovo con il senno di poi, la mancanza di una collezione Resort tra la FW21 e la SS22 è stata forse il più grande e ignorato presagio dell’imminente addio di Daniel Lee al brand.