
5 riviste indie italiane che hanno fatto la storia (e la moda) degli anni 2000 Viaggio tra le pagine dove la cultura Y2K prende vita
Nel giro di pochi mesi, la tendenza anni Duemila è esplosa nelle nostre vite. Dalle passerelle alle nostre camere, passando per gli spazi espositivi e le bacheche social, nel 2021 non esiste un ambito culturale che non rimandi agli anni della vita bassissima e dei poster di Britney Spears – o di Fabri Fibra, a seconda dei gusti. Tra Instagram reel e Tik Tok, per gli ultimi Millennials e i ragazzi della Gen Z non è stato difficile scoprire quel mondo di hit musicali, micro-gonne old money e tv drama adolescenziali, che ha reso icone celeb come Avril Lavigne, Paris Hilton e Megan Fox. In poche parole, Internet made it easy, ma non è sempre stato così: sin dagli esordi, sono state le riviste indipendenti del tempo a ricoprire il ruolo di motore culturale. Tutto comincia tra le pagine di The Face (seguita in breve tempo da realtà come Arena, i-D e Dazed & Confused) e per le strade di Londra, dove la wave Y2K assume una direzione peculiare. Alla prima «bibbia dello stile» va il merito di aver saputo raccontare e amplificare i trend dell’epoca, trasformandosi in una vera e propria guida per la musica underground e la moda britannica.
Chi è cresciuto a cavallo tra gli anni Novanta e gli anni Duemila lo sa, nel frattempo in Italia correre a comprare quegli imprevedibili periodici era l’unico modo per essere aggiornati sulle news della scena musicale, dall’indie al rap e all’underground, così come del cinema, dell’arte e del design; ma soprattutto, le immagini e gli articoli di Aelle, di Il Mucchio Selvaggio, di Pig e di Rodeo, permettevano di restare al passo con l’altezza più in voga dei jeans e l’ultima sneaker perfetta. Oggi che il trend anni Duemila è tornato, è tempo di intraprendere un viaggio alla scoperta di quei magazine di “moda culturale” che, più di chiunque altro, hanno contribuito a consolidare, vitalizzare e diffondere l’immaginario Y2K in Italia.
1. Aelle
Quando nel recente 2018, anche Il Mucchio Selvaggio chiude i battenti dell’edizione cartacea, sono in molti a reclamare con amarezza l’importanza della storica rivista musicale nella cultura italiana. Fondato a Roma da Max Stèfani, Paolo Carù e Aldo Pedron nel 1977, "nell’anno di American Stars’n Bars di Neil Young, Heroes di David Bowie e The Clash", il magazine parte come progetto dedicato alla musica rock, ma nel tempo incorpora altri generi musicali affermandosi come involucro inesauribile di cultura, sovversione e creatività.