
Il gruppo Kering si sta preparando ad acquisire un altro brand italiano? Il successo straordinario di Gucci potrebbe influenzare la strategia del gruppo nei prossimi mesi
Il secondo report trimestrale per il 2021 del gruppo Kering ha indicato una crescita del 159,5% dei profitti netti – segnando una completa ripresa dalla crisi in cui il lockdown aveva gettato il settore del lusso grazie a una ripresa del retail in Nord America e nell’area asiatica. Dato interessantissimo è però che, in mezzo al portafoglio Kering, i profitti di Gucci abbiano fatto un balzo dell’86% battendo le già ottimistiche predizioni degli analisti e portando, da sola, un aumento di revenue per l’intero gruppo dell’11,2%. I risultati straordinari di Gucci non sono soltanto un segnale positivo per gli investitori del gruppo, che ha impiegato qualche mese in più a riprendersi dalla crisi del 2020, ma ha segnalato un nuovo ruolo di assoluto protagonismo che Gucci ha all’interno di Kering. Gucci ha infatti generato più dell'80% della revenue totale operativa di Kering lo scorso anno – rendendo di fatto il gruppo dipendente dalla sua performance ma dandogli anche abbastanza potere finanziario da lanciarsi in una nuova acquisizione, specialmente in un frangente storico commercialmente movimentato come questo.
Kering si prepara a una nuova acquisizione?
Il mercato italiano rimane comunque ancora ricco di brand posseduti dalle famiglie fondatrici, come Prada, Salvatore Ferragamo, Missoni, Brunello Cucinelli e Dolce & Gabbana, che adesso dovranno barcamenarsi fra le nuove sfide poste da un mercato sempre più dominato da conglomerati multi-brand affrontando anche la spinosa questione della successione. Tutte queste aziende potrebbero voler cercare una piattaforma comune che crei una struttura commerciale e finanziaria più robusta per ciascuna delle aziende singole – e proprio Kering potrebbe essere un acquirente interessato, considerato come, sia secondo Renzo Rosso che secondo Remo Ruffini, la nascita di una confederazione dei grandi marchi italiani sembri ancora lontana, anche se esiste il valore condiviso del Made in Italy che ha motivato, ad esempio, sia il connubio di Stone Island e Moncler che la co-partecipazione di Prada ed Ermenegildo Zegna all’acquisizione di una delle più importanti fabbriche di cashmere del paese per proteggere la filiera di produzione italiana.
Proprio in questo senso, come azienda italiana dall’enorme capacità finanziaria, Exor potrebbe rappresentare un’alternativa possibile per molti brand e un’eventuale acquisizione di Armani potrebbe dare un forte segnale di incoraggiamento in questo senso, specialmente considerato come Giorgio Armani stesso abbia esplicitamente detto di non volere che la sua azienda finisca in mani straniere.