
Tutti i direttori creativi di Dior Sono molti i designer passati da 30 Avenue Montaigne negli ultimi 76 anni
Per definire l’importanza di Dior sulla scena della moda basti questo aneddoto: alla morte del fondatore, nel 1957, l’allora CEO ante litteram, Jacques Rouët, propose di chiudere il brand ma, in quanto le esportazioni di Dior rappresentavano il 50% di tutte le esportazioni della moda francese di allora, tanto i licenziatari del brand che le autorità dell’industria della moda francese gli impedirono semplicemente di chiudere i battenti. Fu così che Yves Saint Laurent trovò il suo primo lavoro e, se le cose fossero andate diversamente, oggi probabilmente non avremmo né un Dior né un Saint Laurent – e il resto dello scenario del luxury fashion sarebbe immediatamente diverso.
È sorprendente comunque notare come , nel corso di 76 anni di vita, i maggiori talenti del mondo del design si siano avvicendati alla guida creativa del brand: Saint Laurent, Gianfranco Ferrè, John Galliano, Hedi Slimane, Raf Simons, Lucie Meier – tutti esempi di grandi creativi che hanno arricchito l’identità di un brand storico. E questo senza nemmeno contare gli attuali direttori creativi, Kim Jones e Maria Grazia Chiuri, e mettendo in posto tutto suo Marc Bohan, il direttore che ha gestito la casa per il tempo più lungo, che fra tutti ha avuto il merito di concepire la struttura del brand come la conosciamo ora, di fondarne la linea maschile e di inventarne il pattern più celebre, il Dior Oblique.
Per aiutare a fare un po’ di chiarezza nella successione, che nel corso dei rivolgimenti del management tendono a diventare un po’ confusionari e a sovrapporsi, ecco di seguito tutti i direttori creativi di Dior.
Christian Dior (1946-1957)
Dopo che Van Assche venne rilocato alla direzione di Berluti, l'ex-direttore creativo di Louis Vuitton, Kim Jones, venne chiamato a sostituire Kirs Van Assche e portare un mood nuovo e giovanile da Dior Homme. Le sue collezioni hanno sicuramente ribaltato l'estetica morbida ma formale di Van Assche in favore di un approccio estremamente più pop: la sua sfilata d'esordio si svolse sotto le insegne di KAWS, un letterale schiaffo alla formalità nereggiante e scolastica di Van Assche – il riferimento al nero non è causale perché, volendo confrontare le palette cromatiche delle sfilate di Jones con quelle del precedessore, la principale differenza è proprio l'alleggerimento e la freschezza dei colori, passati dallo scuro al vivace, anche grazie a una ricerca di materiali naturalmente luminosi e riflettenti che fanno sembrare vivaci anche collezioni predominantemente scure come la FW19.