Il brand che trasforma la moda DIY in un libro di ricette ADIFF ha come obiettivo un'industria della moda più etica e accessibile a tutti

"Quando andavo alla Parsons, i miei professori dicevano sempre che se sei un bravo designer, di solito sei anche un bravo cuoco. Abbiamo iniziato a pensare alle somiglianze che esistono tra l'industria della moda e l'industria alimentare durante la quarantena. Quando li metti fianco a fianco, è interessante vedere quanto si sovrappongono: il fast fashion si muove parallelo al fast food, la moda contemporanea non è diversa dai ristoranti, l’alta moda ricorda da vicino i locali stellati. Tuttavia, quando si tratta di cibo  l'opzione più economica e salutare è acquistare i singoli ingredienti e poi metterli insieme in autonomia. Allo stesso modo, anche per la moda, l'opzione più economica, più etica e più sostenibile sarebbe imparare a realizzare i capi ognuno da sé. Il problema principale è che la maggior parte delle persone sanno come cucinare, ma l’arte e la capacità di creare e realizzare vestiti è andata perduta". Con queste parole Angela Luna, co-founder insieme a Loulwa Al Saad di ADIFF, un'iniziativa che promuove l'upcycling e il social justice, ha raccontato l'ultimo progetto del brand a nss magazine

Mescolare e abbinare i pezzi del guardaroba per un look completo a volte può sembrare una ricetta, in cui devono essere uniti in modo armonico gli ingredienti, ed è per questo che ADIFF ha dato vita ad un vero e proprio ricettario, un cookbook che offre modelli di vestiti per chi vuole ridisegnare i vestiti che ha già nell'armadio. Gli ingredienti del libro Open Source Fashion Cookbook sono una tasca per snack, una giacca-coperta, un bucket hat ricavato da un ombrello rotto e altri modelli che possono essere assemblati in un pezzo unico. Dando la libertà al lettore del libro di disegnare un pezzo di stoffa, ADIFF promuove anche l'importanza della sostenibilità e suggerisce un'alternativa a coloro che non possono permettersi di acquistare nuovi indumenti. Con il crescente interesse per la sostenibilità, che sta diventando uno dei temi centrali dell'industria della moda e non solo, questo tipo di progetti potrebbero rappresentare un importante passo in avanti. 

Creare da zero assicura libertà di espressione e fornisce a chi lo fa strumenti e tecniche nuove, un processo di apprendimento e crescita personale che rende chi fa DIY sempre meno interessato alla moda di massa e al fast fashion. Dai mobili da montare di IKEA, al taglio dei jeans per trasformarli in pantaloncini, c'è una serie infinita di possibilità per reinventare e creare item con le nostre mani. L'upcycling non è una pratica nuova, ma qualcosa che facevano già i nostri nonni, ma è oggi che ha assunto la massima rilevanza. Secondo il rapporto della Business Research Company - Ethical Fashion Market Global Report 2020-30-, ogni secondo un carico di vestiti viene inviato in discarica o bruciato, rendendo la moda una delle industrie più inquinanti e generatrici di rifiuti. Si prevede che il mercato sostenibile crescerà fino a 9,81 miliardi di dollari nel 2025 rispetto ai 6,35 miliardi di dollari nel 2019. Nel frattempo, considerando le conseguenze della pandemia, che ha portato da 140 a 160 miliardi di euro di inventario in eccesso dalle collezioni SS20, il cambiamento di mentalità da fast a etico potrebbe essere dietro l'angolo. 

"L'industria (della moda) è collegata in superficie a questi problemi di portata globale, ma non nel prodotto, nella missione o nel sistema. È triste e ironico vedere come la maggior parte dei lavoratori dell'abbigliamento delle comunità POC siano quelli più colpiti dai cambiamenti climatici e da altre questioni ambientali a cui l'industria della moda contribuisce, quando in realtà sono queste comunità le prime a implementare pratiche sostenibili, prima ancora che questa parola diventasse la nuova fissazione della moda”, chiosa Angela Luna. 

Il libro Open Source Fashion Cookbook è disponibile online qui