Come vanno le cose per Dolce & Gabbana? Il punto della situazione su uno dei casi più complessi della moda recente

Dolce & Gabbana è un brand divisivo, senza dubbio, ma che per decenni ha fatto parte dell’immaginario italiano e internazionale. Nella percezione pubblica, la loro storia è chiaramente divisa, nel novembre 2018, da un drammatico spartiacque: il video promozionale per la titanica sfilata, poi annullata, che avrebbe dovuto inaugurare il loro ingresso glorioso sul mercato cinese. Le cose sono andate diversamente: il video suscitò l’indignazione di mezzo mondo, un allora neonato Diet Prada si scagliò contro i due designer con inaudita violenza e il business cinese del brand andò in full crash-and-burn mode. Il mondo della moda, drammatico per definizione, fece presto a dichiarare il brand morto e sepolto – ma forse il giudizio è stato troppo affrettato: anche se è vero che il China-gate ha rappresentato una svolta critica per il brand, è anche vero che non si è trattato di un headshot fatale. Come ha fatto Dolce & Gabbana a riprendersi? 


Dopo il China-gate

Melania Trump
Melania Trump
Melania Trump
Kate Middleton
Kate Middleton
James Corden
Michael Shannon & Kate Arrington
Will Smith
Kim Kardashian
Katy Perry
Emilia Clarke
Deva Cassel
Alta Sartoria 2020
Alta Moda 2019
Alta Sartoria 2019
Alta Moda 2019
Alta Moda 2019
Alta Moda 2019
Alta Sartoria 2019
Alta Sartoria 2019
Alta Moda 2020
Alta Moda 2020
Alta Sartoria 2019
Alta Sartoria 2020
Alta Sartoria 2019
Alta Sartoria 2020
Alta Sartoria 2020

Il brand si è dimostrato estremamente resistente nonostante le controversie che lo hanno circondato, anche grazie a due assi nella manica: il primo è la linea Alta Sartoria/Alta Moda (rispettivamente per uomo e donna) che ha resistito bene agli scossoni dell’opinione pubblica grazie a una clientela fedele e affezionata, il secondo (e meno ovvio) è il loro successo nei circoli della moda d’archivio, che invece hanno mantenuto viva la memoria del brand fra gli appassionati dei design più rari ed eclettici. Entrambi questi “assi nella manica” hanno a che fare con la qualità dell’offerta: di recente, parlando della crescita di interesse verso la couture per uomini, un articolo di WWD ha sottolineato come la clientela dell’Alta Sartoria di Dolce & Gabbana sia equamente divisa fra uomini e donne, professionisti dalle forti disponibilità economiche che amano non solo gli elaborati abiti su ordinazione del brand ma anche le sue faraoniche sfilate (l’ultima fu in Piazza della Signoria a Firenze) accompagnate da cene lussuose e divertissement vari che rendono i clienti del brand parte di sfarzosi spettacoli che vanno ben al di là del semplice fashion show. Lo stesso sviluppo della linea Alta Gioielleria dimostra che la clientela più esclusiva di Dolce & Gabbana si rivolge ai designer per prodotti made-to-order riguardanti tutti gli aspetti del lifestyle come elaboratissimi orologi o collier. 

Per quanto riguarda la moda d’archivio, invece, ad avere successo sono per lo più pantaloni e bomber militari risalenti agli anni ’90 e ai primi 2000 – tutti prodotti che, a partire da showroom specializzati come Silver League hanno invece sedotto una clientela diversa, più underground e con meno potere di acquisto ma con una maggiore cultura di design. Questa clientela del mercato second-hand non contribuisce direttamente al giro d’affari del brand (che comunque non ha problemi con il concetto di scontistica e outlet) ma lo aiuta, in maniera del tutto immateriale, a essere percepito come parte del gotha della moda d’archivio ricordando a tutti gli appassionati che, prima dei giganteschi loghi, dei colori gridati e caotici e dei nerboruti marcantoni in mutande, Dolce & Gabbana avevano un linguaggio e immaginario di design più dettagliato e preciso che immediatamente commerciale (emerso, per altro, nella collezione FW20 che è stata forse il loro migliore prêt-à-porter negli ultimi dieci anni) che li aveva resi i protagonisti di quella moda milanese anni '90 di cui la compianta Franca Sozzani era la regina. 


Un successo che non si ferma

Dolce & Gabbana FW20
Dolce & Gabbana FW20
Dolce & Gabbana FW20
Dolce & Gabbana FW20
Dolce & Gabbana FW20
Dolce & Gabbana FW20
Monica Bellucci for Dolce & Gabbana SS19
Isabella Rossellini for Dolce & Gabbana SS19
Carla Bruni for Dolce & Gabbana SS19
Eva Herzigova for Dolce & Gabbana SS19
Dolce & Gabbana SS19
Dolce & Gabbana SS19
Dolce & Gabbana SS19
Dolce & Gabbana SS19
Dolce & Gabbana SS19
Dolce & Gabbana S.R.L., et al. v. Liu and Schuyler, PROC. N. 50660/2019 R.G.
Dolce & Gabbana S.R.L., et al. v. Liu and Schuyler, PROC. N. 50660/2019 R.G.

La controversa saga iniziata col China-gate, però, non si è ancora conclusa. Secondo Julianna Law di Jing Daily, il recente spostamento della boutique del brand fuori dal Chengdu International Finance Square, uno dei principali centri urbani e commerciali della Cina Occidentale, lascerebbe presumere una ritirata strategica dovuta all'indebolimento delle vendite nel paese. Mentre la fama del brand si scontra col nazionalismo dei consumatori cinesi in Asia, dall'altro lato del mondo Dolce & Gabbana ha denunciato Tony Liu e Lindsey Schuyler di Diet Prada per diffamazione per 600 milioni di dollari - sicuramente una cifra simbolica che verrà ridotta, ma che ha il potenziale, nel caso i due designer vincano, di colpire e affondare Diet Prada per sempre. Vale la pena notare che la causa legale non è stata intentata a Diet Prada ma ai suoi due fondatori - un tipo di attacco legale senza dubbio più personale e diretto e che, per citare sempre Jing Daily, «dipinge l'immagine di un brand aggressivo».

Va comunque detto che la percezione che si ha di un brand varia di paese in paese: se in Cina e nel mondo dei fashion activist Dolce & Gabbana è un villain, in Europa e in America il peso della controversia del China-gate non si è fatto sentire affatto, le sfilate dei due sono ancora un evento e i loro giganteschi cartelloni pubblicitari tappezzano ancora stazioni ferroviarie e aeroporti di Milano e di mezza Italia. Il caso di Dolce & Gabbana, in ultima analisi, rimane forse il più complesso ed emblematico della storia della moda nell'epoca dei social media e della post-verità.