
Perché è così difficile raccontare la moda nelle serie tv? “Made in Italy” e i limiti delle storie sulla moda in televisione
«Benvenuta,Irene, nel meraviglioso mondo della moda. Guarda che una volta dentro, sarà impossibile uscirne», dice Walter Albini con un gesto teatrale, poco prima che inizi uno slideshow di foto che ritraggono il vero Albini con un dialogo in voice-over che regala perle come «Ma Rita, quindi lui è un innovatore?» «Possiamo tranquillamente dichiarare che è il padre del prêt-à-porter almeno in Italia», seguito da un trasognato: «Insomma è stato importantissimo».
In questo breve scambio di battute si nascondono tutte le perplessità che suscita Made in Italy, prodotto uscito su Prime Video nel 2019 ma arrivato solo di recente su Canale 5, e risposta italiana, si direbbe, a Emily In Paris con in più un certo piglio storico-documentaristico. Entrambe le serie decidono di raccontare la moda non dal punto di vista degli stilisti ma da quello dell’editoria, con protagoniste femminili che si ritrovano a lavorare in importanti redazioni che diventano il punto di vista privilegiato per osservare la scena della moda e la sua fauna. Ma la rappresentazione della moda che spesso ne esce rimane sempre qualcosa di didascalico o macchiettistico.
Parlare di moda in tv è difficile perché la moda è qualcosa che sfida le convenzioni (o dovrebbe). Per citare la stessa sceneggiatura di Made In Italy: «Per provocare davvero bisogna avere il coraggio di andare fino in fondo». E una serie tv sulla moda dovrebbe sapere provocare esattamente come fa la moda, avere spessore e prospettiva, raccontarne il mondo non con gli occhi della stagista di buone speranze, ma con lo sguardo “interno” di un fotografo, di una modella o di un designer; parlare delle sue subculture e descrivere un’estetica che si allontani dallo styling scolastico da rivista e sia più vicina alla realtà (vedi gli outfit del protagonista di We Are Who We Are, la serie di Luca Guadagnino), ma anche approfondirne e contestualizzarne il ruolo in modo significativo e non con la sbrigatività di un comunicato stampa. In attesa di quel momento, bisogna accontentarsi della moda di Made In Italy: del tutto museificata, scolastica ma almeno sorridente e carica di buone intenzioni.