
Il nuovo underground milanese: Rayon Vert Il brand nato a Milano immagina un nuovo modo di produrre e vivere la moda
La sostenibilità è diventato l'unicorno dell'industria della moda: tutti ne parlano, tutti la inseguono ma raggiungerla sembra ancora una fantasia ed esiste ancora un chiaro trade-off tra la profittabilità di un prodotto e il rispetto di standard etici a livello produttivo e di vendita. Si tratta di un'incoerenza palese che affonda le sue radici nei modelli di produzione e consumo contemporanei, in cui i prodotti sono sostituibili e poco duraturi e l'acquisto è stimolato da infiniti fattori che nutrono lo stesso rapporto tra utente e brand. Tra le rare realtà che hanno il coraggio di immaginare un futuro diverso c'è Rayon Vert, brand di ricerca fondato a Milano nel 2017 e oggi gestito da Yuri Kaban e Andrea Ferrari.
Perché credi che si sia giunti a un distacco così profondo nella moda tra produzione e consumatore finale? Non può trattarsi solo di tecnologia, in fondo cuciniamo a casa anche se la tecnologia ci permette di non farlo.
Cosa è successo di diverso con la moda?
Questa è una domanda difficile. Mi viene da pensare che la differenza sostanziale tra il cibo e l’abbigliamento è che il primo ha a che fare con la nostra intimità, che viviamo nei nostri appartamenti, con le persone con cui scegliamo di condividerlo. Il secondo invece è il nostro guscio esteriore giudicabile da chiunque incrociamo per strada o online, e che di riflesso ci fa sentire più o meno sicuri. Forse è per questo motivo, per cui, se quando siamo da soli, ci permettiamo di saltare i pasti o mangiare cibo scadente, difficilmente usciamo di casa con vestiti che non ci piacciono. Credo sia più facile indossare dei vestiti che incontrano degli standard più o meno condivisi collettivamente, piuttosto, che qualcosa fatto da noi, e magari anche un po’ storto, che però ci rende vulnerabili al giudizio.
Vi considerate una realtà underground o controculturale?
Ci consideriamo underground per il nostro basso bacino di utenza attuale. Siamo una realtà piccola e i nostri canali e metodi comunicativi non hanno grande capillarità. Inoltre il fatto che la produzione dei nostri prodotti e contenuti sia gestita completamente da noi rende più difficile emergere dalla nostra nicchia di mercato. Non ci sentiamo controculturali nel senso che crediamo che le nostre scelte comunicative e produttive siano le eticamente più giuste nel 2020, ci sembra piuttosto controculturale non prendere posizione di fronte a problemi che attualmente sono al centro del discorso ecologico e umano.
A livello estetico l'industria della moda ha cannibalizzato molte sottoculture, oggi il gorpcore e l'estetica hiking stanno attraversando il loro momento. Come vive Rayon Vert questo genere di rapporto visto che si propone di essere un brand prettamente tecnico?
Abbiamo deciso di lavorare nel campo dell’abbigliamento tecnico perché è quello che ci diverte e troviamo ci sia una sfida maggiore dal punto di vista progettuale. Entrare in questo mondo da iniziali fruitori a produttori veri e propri è diventato spontaneo nel momento in cui abbiamo iniziato a praticare attività outdoor in modo più o meno seriale.
Che ora l’abbigliamento tecnico abbia il suo momento sotto i riflettori è indiscutibile, ma crediamo che negli ultimi venti anni si sia insinuato in modo piuttosto stabile e ormai imprescindibile, anche per pochi SKU, anche per i soli materiali, in ogni brand e ad ogni livello di prezzo.
Avete recentemente collaborato con IUTER per un workshop: quali sono i progetti per il prossimo futuro?
La nostra collaborazione con Iuter, di cui siamo molto soddisfatti, è stato un po’ il test di quello che vorremmo continuare a fare nel futuro, implementando tecniche, prodotti, macchinari e numero di partecipanti. Iuter ha messo a disposizione la propria azienda con i macchinari e i propri dipendenti e16 invitati che, pur non avendo mai cucito, hanno utilizzato lo spazio per creare ognuno un proprio zaino. Se l'evoluzione del lockdown lo permetterà vorremmo cercare di espandere il più possibile questo genere di progetti, cercando di arrivare al maggior numero di persone. Ovviamente lo spazio fisico è limitato ad una ristretta area di azione geografica. Stiamo cercando, e questo è il focus principale per il futuro, di estendere anche digitalmente quelli che sono i nostri obiettivi.