
Il programma completo di GucciFest Come lo storytelling comunitario sostituirà la sfilata
Il classico format della sfilata nasce da esigenze commerciali: dai tempi della House of Worth fin alle ultime fashion week, la sfilata è sempre stata l’esposizione di una merce. Essendo la merce di lusso, il concept della sfilata è andato via via arricchendosi e stratificandosi, diventando uno show vero e proprio per poi sfociare, nei casi migliori, nella performance art. Ma il maggior allontanamento possibile dalla sfilata pura lo ha fatto Gucci con il GucciFest: un evento digitale lungo una settimana che sarà presentato alle 21:00 di oggi, in cui la collezione SS21 del brand sarà narrata attraverso sette cortometraggi riuniti sotto il titolo di Ouverture Of Something That Never Ended e corredata da quindici ulteriori narrazioni collaterali che saranno usate per presentare le creazioni di altrettanti giovani designer.
Il primo episodio della Overture di Gucci, di nome "At Home" seguirà la protagonista, Silvia, intenta nella sua routine mattutina in un appartamento di Roma. I restanti episodi vedranno Silvia recarsi in un bar, all’ufficio postale, al teatro, visitare i propri vicini, poi un vintage shop e infine perdersi fra le strade di Roma circondata da personaggi insoliti e bizzarri inclusi Florence Welch, Billie Eilish e Harry Styes – tutti vestiti Gucci. Sarà dunque qualcosa di simile a una classica video-campagna di Gucci piena di star sotto steroidi. Prima e dopo ciascun episodio verranno poi proiettati i cortometraggi che presenteranno le collezioni di Ahluwalia, Hillary Taymour, Rui Zhou, Gui Rosa, Bianca Saunders, Mowalola, Josephine Bergqvist e Livia Schück, Jezabelle Cormio, Stefan Cooke, Jordan Bowen e Luca Marchetto, Shanel Campbell, Boramy Viguier, Yueqi Qi, Gareth Wrighton e Charles de Vilmorin.
Ciascuno di questi video collaterali sfrutterà un concept e un format diverso, avvicinandosi più alla video-art che al cinema puro: mescolanze di filmati d’archivio e astrattismo, render 3D, trailer immaginari di un videogioco, adattamenti di una poesie di Byron, autobiografia e horror anni ’80. Un ambizioso programma cross-settoriale – così ambizioso in effetti che è difficile prevederne l’outcome: potrebbe uscirne fuori un progetto incredibilmente artistico capace di trasformarsi in piattaforma per giovani creativi o potrebbe uscire un festival della pubblicità di moda. Ricordiamo infatti che, nonostante il Cinema con la “C” maiuscola sia molto invocato, questi video altro non hanno altro scopo che vendere abiti di lusso. Siamo di fronte a un bivio: adesso la pubblicità può trascendere se stessa e diventare qualcosa di più o rivelarsi una ruffianeria. Alla fine di questa settimana, almeno, lo avremo capito.