Cosa significa per Supreme l’acquisizione da parte di VF Corp? Supreme è morto, lunga vita a Supreme

Esisteva una volta lo streetwear indipendente. Piccoli brand di culto con un grande seguito che operavano dentro una cultura specifica. Un’epoca in cui l’estetica degli skater non si copiava: o eri uno skater o no; così come l’estetica newyorchese non si copiava: o abitavi nella big city o no. Supreme era in quel momento una leggenda – un brand così inserito in quel colorato milieu multi-culturale che Larry Clark aveva fotografato nel suo film Kids, un brand così vero, reale, connesso al suo mondo. Poi venne l’hype, la cultura della nicchia newyorchese si diluì in un torrente di release, si moltiplicò nei dividendi di una multinazionale e di quello spirito originario rimase pochissimo tranne forse delle ottime performance commerciali. Ai nostalgici è facile rispondere che le cose cambiano, Supreme non poteva rimanere uno store per skater e allo stesso tempo il miglior modello di marketing degli ultimi vent’anni: quella che è nata come controcultura oggi è diventata La cultura. Supreme entra nel primo giorno della sua nuova vita: VF Corp ha comprato il 100% del brand per un valore di 2,1 miliardi di dollari. Ciò che accadrà oltre questo punto rimane un’incognita.

Tre sono le conseguenze che, nel lungo periodo, potrebbe avere quest’acquisizione. La prima è capire come andrà avanti la politica di store fisici di Supreme: molti rumors sostengono che il brand avesse già da tempo una strategia di aperture in Europa (Milano in primis) che oggi ovviamente sono messe in dubbio dalla pandemia. La seconda è un cambiamento nelle strategie di release e commerciali non solo di Supreme ma della moda più in generale considerato come moltissimi brand abbiano seguito finora le sue orme. La terza conseguenza potrebbe essere l’inizio di un nuovo trend per i grandi conglomerati dell’industria: acquisire marchi di streetwear più o meno di culto per diversificare il proprio portfolio e conquistare nuove fasce di giovani consumatori, trasformando le collaborazioni da eventi culturali a getaway commerciali per migliorare le vendite degli altri brand in loro possesso. Qualunque cosa accada, Supreme da oggi non sarà più la stessa. Per sapere cosa verrà dopo, bisognerà restare a guardare.