
L'era di Anna Wintour sta per finire? Dopo le ultime controversie, la regina dovrebbe passare la corona
Negli ultimi trent'anni, chiunque sia dentro che fuori dall'industria della moda ha associato il nome Anna Wintour al concetto stesso di moda moderna. Come direttrice artistica di Condé Nast e caporedattore da ben 32 anni di Vogue America — la rivista considerata come la più potente pubblicazione di moda al mondo — è stata sempre considerata come una madrina della moda oltre che una delle figure che ha dato all'industria l'immagine che possiede oggi. Persino la cultura pop l'ha immortalata ne Il Diavolo Veste Prada, che era basato su di lei, e in innumerevoli brani rap e hip hop che l'hanno menzionata. La sua intera carriera è stata costruita su un metodo meticoloso, che l'ha portata ad anticipare e rispondere in modo appropriato alle tendenze culturali du jour e a plasmare la maniera stessa in cui i trend nascono e la celebrity culture viene rappresentata nei media e percepita dalla società.
Nel 2008 venne pubblicata l’ormai famigerata cover con LeBron James e Gisele Bundchen, che molti associarono alla celebre posa di King Kong e Fay Wray e accusarono di promozione di stereotipi razzisti. Nel 2016 la cover riproduceva l’immagine di Irina Shayk perquisita da un poliziotto a Central Park – glamorizzazione del fenomeno dello stop-and-frisk promosso dall’allora sindaco Bloomberg, una pratica di polizia razzista che bersagliava proprio la popolazione nera della città. Nel 2017 toccò a Karlie Kloss, apparsa nelle vesti di geisha e prontamente accusata di appropriazione culturale. Queste erano solo alcune delle occasioni in cui Vogue si è trovato costretto a scusarsi nel corso degli anni – una vicenda dovuta, secondo alcuni ex-impiegati, alle politiche di assunzione aziendali, sempre concentrate sull’assumere persone «magre, bianche, di famiglia abbiente e laureate in università private».
Non c’è dubbio sulle difficoltà del lavorare all’interno dell’industria – difficoltà rese palesi nel modo in cui la Wintour stessa è stata rappresentata da altri e si è comportata in prima persona. La questione circa il suo pensionamento non riguarda comunque né la sua competenza, né il suo rigore: ha già dimostrato ampiamente di essere una delle figure-chiave dell’industria. La questione riguarda la sua capacità di rimanere al passo coi tempi, specialmente nel caso dell’America dove la questione del racial divide è più scottante che mai. La Condé Nast ha dichiarato di recente che ci si sta muovendo verso l’adozione di nuove politiche: «Anna e Vogue, insieme a tutti i leader dei nostri brand, hanno lavorato insieme per aumentare l’inclusivity in ogni nostra attività». Ma sono in molti dentro e fuori l’industria della moda ad avere differenze d’opinione, divisi fra chi vorrebbe vedere una nuova figura al timone di Vogue e chi difende l’eredità culturale di Wintour.