
Essere designer afroamericani in America, oggi Da Kerby Jean-Raymond a Tyler, The Creator l'impegno della black culture nella moda
Dopo la vittoria del CFDA Award e la nomina come direttore creativo globale di Reebok, quello di Kerby Jean-Raymond è diventato un nome sempre più di rilievo nel panorama sociale afroamericano. Un ruolo che l’ha portato in tempi recenti al lancio di “Your Friends” a New York, una nuova piattaforma creata insieme a Kering per unire moda, arte, musica, filantropia e benessere con l’obiettivo di "formare un ecosistema di creatività che reinventa il modo in cui i consumatori scoprono e interagiscono con i marchi".
Fin dall'inizio del lancio di Pyer Moss nel 2013, l'etichetta si è occupata di costruire una narrativa che parlasse del patrimonio della comunità afro-americana, in modo da creare un brand totalmente devoto al Black Heritage. “Da parte mia, Pyer Moss stava introducendo alla moda una nuova generazione che prima non si preoccupava dell'attivismo, della musica e della collaborazione", ha dichiarato in un'intervista per The Cut. Il ruolo di Raymond e del suo brand ha contribuito fortemente a rilanciare il concetto di impegno sociale da parte della moda: il designer newyorkese, per le sue ultime sfilate ha affittato il Weeksville Heritage Center e il The King's Theater a Brooklyn, dove lo scorso settembre ha mostrato per la prima volta la tee “Vote or Die”, una reinterpretazione della maglietta e della campagna rilasciata per la prima volta nel 2004 da Sean P. "Diddy" Combs. La versione di Jean-Raymond in uscita oggi è progettata per incoraggiare la registrazione degli elettori e mettere in luce l'organizzazione non profit "Rock the Vote". Tutti i proventi saranno donati a "Rock the Vote" e gli acquirenti avranno l'opportunità di registrarsi per votare direttamente sul sito web del marchio.
La vera forza di Kerbito sta nell’avere fin da subito indirizzato il suo lavoro verso una nicchia di consumatori ben precisa: "Vogliamo continuare ad accettare e chiedere aiuto a un sistema che non ci rappresenta? Come puoi vedere, la maggior parte di questi consigli sono tutti bianchi, la maggior parte dei direttori creativi sono bianchi e quando ai neri viene chiesto di aiutare a gestire queste organizzazioni, il più delle volte siamo trattati allo stesso modo in cui viene trattata l'Africa. Abbiamo molte risorse creative e loro prendono quelle risorse e le vendono all'estero” ha dichiarato a The Cut. Intervistato per la serie Good Morning Vogue sulla stessa rivista ha spiegato perché quella sarà la sua ultima intervista, per il momento. Inizierà ad adottare il “Beyoncè approach”, cioè parlerà solo quando avrà qualcosa di valore da raccontare, soprattutto per evitare di essere frainteso nelle sue dichiarazioni. Il suo lavoro è diventato un onda d’urto impossibile da non notare, e i media e le riviste più importanti di moda ne stanno rendendo conto. Gli esempi lampanti in merito a ciò sono il suo abito blu, indossato dalla sua collega designer Aurora James in un dipinto dell'artista Jordan Casteel sulla copertina del numero di settembre di Vogue e, contemporaneamente, Angela Davis sulla copertina di Vanity Fair di settembre con un vestito bianco Pyer Moss.
La linea netta tracciata da Kerbito sembra essere stata ripresa da tanti altri brand che hanno preso posizione. Se il ruolo di un marchio è di voler trasmettere dei valori positivi attraverso i propri vestiti, non si può girare la testa dalla parte opposta. Con il consumatore al centro del mercato, per questi colossi della moda rappresentarli diventerà ben presto un dovere.