La rivoluzione comincia dal tuo armadio La moda sostenibile secondo Marina Spadafora

«Bisogna essere vocal a riguardo», dice Marina Spadafora parlando della sostenibilità nella moda. E sarebbe difficile essere più vocal della designer che ha scritto e presentato, insieme alla giornalista Luisa Ciuni, il suo nuovo libro, La rivoluzione comincia dal tuo armadio, che esamina la spinosa questione dell'inquinamento causato dal fashion luxury. Le tesi di Marina Spadafora sull’argomento della sostenibilità sociale e ambientale della moda sono tanto cristalline quanto inoppugnabili: il pubblico deve farsi sentire con la forza di un grass-root movement, ossia un movimento che parte dal basso, finché chi decide non potrà più ignorare la questione.

Quindi i cassonetti gialli della raccolta abiti non servono?

Vengono fatte delle balle di abiti usati, che vengono spediti in paesi di economie emergenti. Ad Accra, in Ghana, c’è un mercato enorme in cui i mercanti comprano queste balle a scatola chiusa. Le aprono e metà di quegli abiti è danneggiata o sporca e loro la buttano. Le discariche e i fiumi di Accra sono del tutto intasati dai nostri abiti buttati via. Dobbiamo produrre di meno: produrre meno e meglio e che la gente lo faccia durare. È l’unico modo per andare avanti.

Nel cammino verso una sostenibilità nella moda, che parte gioca l’elemento digitale?

Dal punto di vista dell’informazione, il digitale ci dà la possibilità  di condividere informazioni immediatamente. Il digitale non ha confini, non ha razza: fa sì che tu possa spaziare, il mondo è il tuo scrigno. Ma bisogna anche essere vocal a riguardo: se ognuno di noi diventasse una centrale di informazione, si crea massa critica. Nel momento in cui creiamo massa critica la bilancia si sposta e i governi non possono distogliere lo sguardo. Noi dobbiamo essere una forza dal basso, un grass-root movement, ma da sopra devono arrivare le leggi. E poi i brand non possono più scappare. I brand dal top devono motivare la loro catena. E se non gli interessa farlo dovranno, perché altrimenti noi non compreremo più i loro abiti. L’idea è quella del boicottaggio: lotta dura senza paura.